La fiera delle illusioni – Nightmare Alley uscirà nei cinema italiani il 27 gennaio: il nuovo film di Guillermo del Toro è molto atteso dai fan del regista vincitore del premio Oscar, eppure negli Stati Uniti, uno dei principali mercati dove è uscito al momento (nel resto del mondo sta arrivando in questi giorni), si è rivelato un flop con soli 9 milioni di dollari raccolti al botteghino a fronte di un budget di oltre 60 milioni di dollari.

I motivi per un simile insuccesso sono diversi, e a riguardo proprio oggi vi abbiamo proposto una riflessione da parte del protagonista Bradley Cooper. Ma c’è ancora la possibilità che il film funzioni nei mercati in cui deve ancora uscire, e a incoraggiare il pubblico a recarsi in sala per vederlo oggi arriva Martin Scorsese, con un endorsement – anzi, un vero e proprio accorato appello – pubblicato sul Los Angeles Times.

Vi proponiamo la nostra traduzione:

Qualche settimana fa ho visto La fiera delle illusioni di Guillermo del Toro. Mi ha impressionato e commosso. Attendo sempre con impazienza i film di Guillermo, ma questo in particolare aveva un potere e una risonanza speciali per me.

Poi mi sono reso conto che il pubblico non stava andando a vederlo, cosa che mi ha angosciato. Ovviamente, le vacanze di Natale che si sono appena concluse sono state un momento difficile per far uscire qualsiasi film. Ma mi chiedo anche se ci sia un reale apprezzamento nei confronti del lavoro di Guillermo.

Scommetto che il termine “noir” è comparso nella maggior parte delle recensioni e dei commenti su Nightmare Alley, e con buona ragione. I personaggi sono tutti tormentati, molti sono condannati, e il film è basato su un romanzo che ha quel genere di trama labirintica classica dei film noir. Oltretutto, quel romanzo era già stato portato sullo schermo, appena dopo la sua pubblicazione nel 1946, e la prima versione di Edmund Goulding è stata a lungo considerata un classico del genere.

Ma il termine “noir” è stato utilizzato così spesso, e in modo così sfacciato, che alla fine sembra più un sapore che qualsiasi altra cosa, e potrebbe condurre nella direzione sbagliata qualcuno in cerca di informazioni su un film. Potrebbero aspettarsi un “pastiche” noir, uno dei tanti che abbiamo visto. E questo non rende assolutamente giustizia all’adattamento di Guillermo e Kim Morgan.

La maggior parte del film è ambientata negli anni trenta, e sembra emergere dalla disperazione e dall’amarezza della Grande Depressione: si riesce a percepire nelle immagini e nel linguaggio del corpo degli attori. Tutti i personaggi in questo film provano il vero dolore, un senso di desolazione radicato nella vita di tutti i giorni. Non è quindi solo una questione di “stile” o di “grafica”, sebbene siano elementi squisiti in questo film. È una questione legata all’impegno completo di Guillermo nei confronti del materiale e del portare la propria visione in vita con il suo scenografo, il costumista, il direttore della fotografia e lo straordinario cast, guidato da Bradley Cooper e Cate Blanchett. Lavorano insieme per creare un universo senza uscita tirandolo fuori dal passato americano, e lo fanno dentro e fuori, fino in fondo.

In questo senso, il film è fedele allo spirito che anima il cinema noir molto più dei tanti “omaggi” che sono stati fatti negli anni e che vengono fatti ancora oggi. Guillermo sta certamente parlando dal suo tempo e al suo tempo, ma lo fa con la lingua di un tempo passato, e l’urgenza e la disperazione di allora si sovrappongono con quell’urgenza e quella disperazione che stiamo vivendo proprio adesso, in un modo decisamente inquietante. È come un campanello d’allarme.

Il Covid-19 è stato profondamente duro nei confronti del cinema in generale. Ha aggiunto protocolli che fanno perdere molto tempo e polizze assicurative molto costose al budget di tutti i film, piccoli o grandi che siano. Ha portato alla chiusura di molti cinema, e a una resistenza a tornare in quelli che sono ancora aperti. E ora… Omicron.

Se avete deciso di inserire La fiera delle illusioni nella categoria “noir” o in qualsiasi altra categoria, vi esorto a dargli un’occhiata più da vicino. E se avete deciso proprio di evitarlo, per qualsiasi motivo, ripensateci. In pratica, ciò che sto cercando di dirvi è che un regista come Guillermo, che ci dà film realizzati con tanto amore e passione, non ha solo bisogno del nostro sostegno: lo merita.

 

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