Max Brooks, autore di libri come “World War Z: La Guerra Mondiale degli Zombi” e “Manuale per sopravvivere agli zombie”, aveva già avuto modo di parlare dell’epidemia del nuovo Coronavirus a fine febbraio, quando il virus apparso in Cina non si era ancora diffuso a livelli tali da far scattare una pandemia, nonostante le avvisaglie fossero già presenti da tempo. Erano giorni in cui i governi di tutto il mondo, quello italiano in primis, dovevano cominciare a fare i conti, tardivamente, con gli errori che erano già stati fatti e con delle agghiaccianti proiezioni su quanti decessi si sarebbero conteggiati come conseguenza delle varie azioni atte ad arginare il contagio.

Senza lockdown, solo nello stivale, si sarebbero potuti raggiungere i 630mila morti entro maggio.

Lo scrittore aveva scritto un lungo editoriale sul Washington Post intitolato “La Cina ha vietato il mio romanzo su come il suo sistema favorisca il diffondersi delle epidemie. In “World War Z” un misterioso virus veniva minimizzato da Pechino. Vi suona familiare?”.

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Il figlio di Mel Brooks e Anne Bancroft ha rilasciato una nuova intervista al The Guardian in cui ha parlato di come lo scrivere di science fiction lo abbia trasformato in un vero e proprio “esperto dei disastri”. L’occasione è stata data dall’arrivo di Devolution: A Firsthand Account of the Sasquatch Massacre, il suo nuovo libro in cui le persone sono obbligate a auto isolarsi a causa di una terribile e inimmaginabile minaccia esterna.

Commentando il video diffuso a metà marzo, quando negli Stati Uniti l’importanza del distanziamento sociale e della tutela degli anziani non erano ancora stati recepiti al meglio, spiega che “non avevo avuto accesso ad alcuna notizia riservata. Le informazioni che avevo erano quelle accessibili a tutti, ho visto la CNN e Wuhan che veniva messa in lockdown”.

Dalle pagine del quotidiano inglese, Max Brooks aggiunge:

Non riesco a calmarmi se penso all’ignorante idea che siamo stati colti alla sprovvista dal virus. Non posso andare a letto la notte pensando che non avevamo dei piani e così tutti gli errori fatti sono perdonabili. Anche perché il piano c’era [dice brandendo una pila di fogli e documenti del National Response Framework, la risposta alle emergenze da attuare negli Stati Uniti]. Il piano c’era, ma non è stato attuato subito e lo stesso lockdown non è stato implementato in maniera omogenea fra i vari stati. Non voglio neanche dare tutta la colpa a Trump. Ora come ora, l’America ha un capitano disastroso, pericoloso e incompetente alla guida, ma la nave aveva comunque svariati problemi di natura meccanica da diverso tempo. Abbiamo piantato una coltura davvero amara e ora, purtroppo, è arrivato il momento del raccolto […] Tutto quello di cui scrivo è già accaduto. La storia delle pandemie tende a manifestarsi con dei cicli estremamente prevedibili. E se io sono la persona più intelligente nella stanza, siamo nei guai.

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