Lars Von Trier sarà il primo indipendente a vendere da solo in rete

(da Zentropa on demand)

La Zentropa, casa di produzione fondata e gestita da Lars Von Trier comincerà dal 18 Maggio a commerciare il proprio catalogo di film online sul sito Zentropa on demand. Nonostante si tratti di un catalogo esiguo, in linea di massima film di Von Trier (più qualcosa di altri registi come Susanne Bier), è lo stesso clamorosa la notizia del primo soggetto che ha il coraggio di muoversi in maniera indipendente su questo versante.

Le major e i piccoli già vendono e noleggiano i propri film online ma attraverso grandi negozi. Sia Netflix, sia iTunes, sia il Playstation Network, sempre di grandi aggregatori si parla. Von Trier invece viaggerà da solo come hanno fatto per la musica i Radiohead.

Il perchè il regista danese possa permettersi una simile mossa e (ad esempio) la Warner no è presto detto: i film di Von Trier è noto quali siano, quelli della Warner no. Il pubblico non ha percezione di quali film appartengano a quale major o anche a quale tra i piccoli studi, al massimo possono avere coscienza di quali film appartengano ad un certo regista.

L’offerta pare sarà in linea con quella di iTunes per quanto riguarda i prezzi (tra i 3 e i 4 dollari) ma non si sa nulla sulla qualità se standard o alta definizione.

Crackle allunga le web serie. Buona fortuna!

(da Variety)

Crackle.com è uno dei molti siti americani che da anni operano nel settore delle web serie. Ne ospita molte e aiuta economicamente la loro produzione o distribuzione, prendendo poi gli introiti dalle visite che arrivano sul suo sito. Come molti altri siti simili Crackle sta affrontando il normale momento di calo del business e crisi (si tratta di un’attività nuova, quindi soggetta a simili smottamenti), per rimediare e rilanciare la produzione per internet ha deciso di allungare i tempi delle web serie così adesso comincia a produrre e offrire episodi da almeno mezz’ora.

Sembra una mossa che guarda più a distribuzioni televisive che internettare e soprattutto dovrebbe favorire i piazzamenti pubblicitari o se non altro replicare modelli di successo del mondo televisivo. Insomma Crackle guarda indietro e si appoggia a modelli che hanno avuto successo in passato su altri medium. Scelta conservatrice e che potrebbe pagare molto molto poco in rete.

Google I/O parte uno – Chromebook, il laptop a noleggio

(da EnGadget)

Si è svolto in questa settimana il Google I/O, il grande evento annuale in cui Google presenta novità e piani per il futuro, l’equivalente degli spettacolini di Steve Jobs in cui presenta gli iPod nuovi. Si svolge anche nel medesimo luogo.

Delle molte cose annunciate alcune si distinguono per interesse e audacia e solo di queste ci occuperemo.

La prima di queste è Chromebook dal 15 giugno in vendita. Si tratta del computer di Google, un modello di laptop (nella foto quello prodotto da Samsung ma ce ne sono di Acer e altre compagnie) dotato di sistema operativo ChromeOS. Si tratta di una nuova idea di computer che fa tutto solo in rete. Accendi il pc e si apre il browser (Chrome ovviamente) tutto quello che vuoi o puoi fare lo fai attraverso di esso, il browser è l’unità minima e il riquadro attraverso il quale esistono le tue azioni con il pc. Chiaramente con il Chromebook si potrà fare di tutto senza problemi ma sarà indispendabile una connessione (anche se da Google assicurano che ci saranno delle funzioni offline). Per maggiori informazioni il team di Google ha messo online un video tutorial.

Molto rivoluzionaria la modalità di pagamento. Il Chromebook non si potrà solo comprare (ad un prezzo tra i 400 e i 500 dollari a seconda del modello) ma anche noleggiare per un minimo di 36 mesi a circa 28€/mese per l’edizione solo WiFi e 31€/mese per quella 3G. Un modo di vendere che ricorda quello dell’iPad e dell’iPhone messi insieme e che sancisce la vera idea dietro Chromebook: la portabilità.

Google I/O parte due – Google TV 2.0

(da BusinessWire)

Al Google I/O di un anno fa era stata annunciata la Google TV, a quello di quest’anno è stata confermata e si è rilanciato sui contenuti.

Poco prima dell’evento YouTube aveva annunciato l’arrivo di nuovi titoli appartenenti alle grandi major per il suo servizio di noleggio e visione in streaming. Un’iniezione fantastica di grandi film e ora con l’annuncio della Google TV 2.0, tutto ha più senso.

Quel che è stato presentato infatti è un modello di televisione Google con sistema operativo Android 3.1 (la versione più raffinata), in grado di funzionare con il sistema delle app (tutti dunque potranno programmare app per la Google TV) e soprattutto un Google Box, cioè un equivalente della Apple TV: uno scatolotto da attaccare alla TV per tutti quelli che non vogliono comprare un televisore di Google ma lo stesso desiderano usufruire del servizio.

I primi report parlano di un’interfaccia molto molto buona (qui sotto uno screenshot).

Sarebbe la prima volta che un televisore connesso ad internet ha un’interfaccia grafica accattivante e facile da usare.

 

Google I/O parte tre – Google Music

(da Punto Informatico)

Il serivizio inizialmente non sarà disponibile per l’Italia. Come spesso capita quando di mezzo ci sono diritti musicali o audiovisuali, perchè l’offerta si espanda di paese in paese al di fuori degli Stati Uniti tocca aspettare.

Google Music non è l’alternativa di Google ad iTunes, come potrebbe sembrare a primo acchitto, ma un salto leggermente più lungo. La grande G vuole fare in modo che ognuno possa archiviare la propria musica online e accedervi da una molteplicità di strumenti (ovviamente con marchio Google).

Dunque dopo aver uploadato tutta la propria musica su Google Music sarò possibile ascoltare i brani da un cellulare con Android, dalle Google TV, dai sistemi ChromeOS o anche dei normali pc e infine dai tablet con Android. Google Music prenderà tutti i tipi di file, anche quelli comprati da iTunes ma non sarà leggibile su dispositivi Apple perchè usa tecnologia Flash, notoriamente invisa a Jobs. Qui il solito video tutorial.

L’idea è di ovviare al problema di avere i file in un disco rigido e doverli copiare o spostare ogni volta su strumenti differenti.

Quanti brani si potranno caricare? Inizialmente l’offerta sarà di 20.000 canzoni da mandare gratis, il resto a pagamento. Quanto si pagherà ancora non è dato saperlo.

I più acuti avranno notato che è un servizio identico a quello offerto da Amazon Cloud Drive, solo che Amazon (in America) è anche un venditore di musica, quindi ha tutta la catena dall’acquisto allo storing, Google dovrà puntare ad altro.

Similmente, tutti si aspettano che Apple annunci una sua versione.

Tutti cercano di far sì che Apple non registri il marchio “AppStore”

(da Cnet)

Quando si dice fare bullismo. Microsoft, Amazon, HTC, Sony Ericsson e Nokia stanno facendo opposizione presso l’ufficio marchi registrati statunitense ed europeo per evitare che Apple registri il marchio AppStore.

In buona sostanza le aziende sostengono che le due parole non possono essere di sua proprietà perchè sono termini che devono poter essere utilizzati da tutti. Aveva iniziato a protestare Amazon qualche mese fa e dopo poco si era accodata Microsoft (bel coraggio, da parte di un’azienda che a suo tempo aveva registrato il nome “windows”), la quale con scarso tempismo ha poi annunciato l’arrivo di un suo store per “app” da cellulare.

Ora molti altri player importanti si uniscono alle proteste. Apple dal canto suo ha coniato e inventato un termine utile a definire qualcosa di nuovo (vendere piccole applicazioni non prodotte dal venditore, per dispositivi diversi a prezzi bassi) e sembra ragionevole possa registrarlo. Gli altri invece temono di non poter usare per i propri interessi delle parole che ormai sono di uso comune e di successo.

Microsoft compra Skype. E mo’ che ci fa?

(da WallStreetJournal)

Con gli spicci che avevano in tasca (8 miliardi di dollari) quelli di Microsoft hanno comprato Skype, il numero uno dei numeri uno quando si parla di telefonia VoIP. E’ la più grande acquisizione per Microsoft in 36 anni di attività, nonchè la sua mossa più audace nel settore delle comunicazioni. Perchè spendere tanti soldi per comprare Skype quando il VoIP (le telefonate tra computer) è qualcosa che Microsoft già faceva con il suo messenger?

Perchè non è il VoIP (o meglio non solo) ad interessargli.

Microsoft, nonostante i soldi e il posizionamento, negli ultimi anni è andata in grossa crisi. Ha mancato il treno di internet una prima volta e non è mai riuscita a rimontare. Acquistò Hotmail ma non ci ha mai fatto molto, aveva il browser installato in tutti i computer del mondo ma sempre di più si sta facendo riprendere da rivali più svegli e audaci (in primis Google con il suo Chrome). Si è buttata sul settore videogiochi per prendere il mondo crossmediale ma non riesce a guadagnare nel settore telefonia (Windows Mobile, il suo sistema operativo per telefonia non se lo prende nessuno). Ora compra Skype, un’azienda che già nel 2005 fu acquistata da eBay (per 2 miliardi di dollari). All’epoca il sito d’aste voleva farne uno strumento per mettere in comunicazione venditori e acquirenti. La cosa andò malissimo e vendettero.

Con Skype ora Microsoft di colpo ha un software presente su un numero impressionante di computer Apple (cioè utenti a cui normalmente non arriva) ed è detentore del più importante messenger del mondo. Utilizzerà sicuramente il know-how Skype per implementare la chat via Kinect (il suo sistema di videogioco senza controller) ma il grosso prevedibilmente sarà un’offerta aggressiva sul lato telefonia cellulare.

E poi c’è l’imponderabile. Fino a qui infatti le ipotesi basate su ciò che da Redmond già hanno messo sul mercato, ma le sorprese vere possono arrivare solo da piani totalmente inediti.

Aruba registra Cloud.it

(da HostingNews)

Aruba è uno dei principali gestori di domini italiani, quello a cui sono andati a fuoco diversi server qualche settimana fa causando il blocco di una buona parte dell’internet italiano per circa mezza giornata. Cloud.it è l’ultimo dominio che ha registrato per se stesso e la dice lunga sui piani per il futuro.

Si definisce “cloud” applicato all’informatica quella tendenza degli ultimi anni di spostare in rete dati e operazioni. Ad esempio è cloud Gmail perchè tiene la posta su internet e non sul computer come Outlook o Mail del Mac, è cloud Flickr che tiene le foto online ed è cloud Google Documenti che offre un word editor in stile Word direttamente da browser.

Aruba sa, come molti nel settore, che il cloud è il futuro del computing, cioè fare le cose in rete invece che sul computer o sul telefono, e con cloud.it vuole posizionarsi come uno dei principali fornitori di questo tipo di servizi per altre aziende che a loro volta vogliono applicare questo modello ai loro affari.