La vita lavorativa sui set cinematografici non è sempre stata uguale negli anni. Nemmeno il trattamento riservato agli attori (soprattutto quando esordienti). Le produzioni dei film erano inizialmente un processo pressoché industriale. Con il tempo diventarono sempre più un’espressione artistica. A partire dagli anni ’50 e per almeno una ventina di anni crebbe a dismisura l’importanza dell’autore come colui che manipolagli strumenti a disposizione in senso espressivo. Il regista, in quanto artista, sceglieva, usava e modellava la sua materia a piacimento (e quindi le scenografie, le luci e… gli attori). Per farlo doveva avere un potere assoluto con tanti ordini e poche ribellioni.

Con la sensibilità di oggi certi comportamenti e aneddoti che accompagnarono le grandi produzioni risultano discutibili da un punto di vista etico e puramente umano. Per questo vengono raccontate e riviste con occhi critici. Il documentario The Most Beautiful Boy in the World si concentra sull’esperienza dell’attore Björn Andrésen, interprete di Tadzio in Morte a Venezia di Luchino Visconti.

L’attore venne notato dal regista per via del suo aspetto etereo e statuario quando aveva solamente 15 anni. Immediatamente il successo (e le polemiche) del film lo travolsero rendendolo un’icona di bellezza. Una posizione scomoda da gestire per un adolescente nel pieno dei suoi anni. A suo dire, egli venne infatti lasciato in balia dei media senza alcun aiuto.

Oggi non ha peli sulla lingua. Intervistato dal Guardian Andrésen ha usato parole dure nei confronti di Visconti.

Vaff*****o” vorrebbe dire a Visconti il quale “se ne è sbattuto dei miei sentimenti”. E ancora: “non ho mai visto così tanti fascisti e st****i come ce ne sono nel mondo del cinema e del teatro. Luchino fu una sorta di predatore culturale disposto a sacrificare qualsiasi cosa e chiunque per il suo lavoro. Mi ha parecchio rovinato la vita”.

C’è una ragione per questi commenti, e risale proprio al suo lavoro sul set di Morte a Venezia. Un’esperienza troppo impegnativa vissuta troppo presto. Il documentario include alcune riprese dai sui provini in cui appare intimidito dalle molte richieste di Visconti. In un passaggio il regista gli chiede di togliersi i vestiti, e si mette a valutare il suo corpo. Egli descrive il regista come una figura imponente che aveva avvertito la troupe di tenere le mani lontane da lui ma che, durante i giorni di riprese, lo ha trascinato in un gay club. 

Nel film il compositore Gustav von Aschenbach si invaghisce di Tadzio. L’attore Dirk Bogarde, nel 1983, aveva raccontato che sul set ad Andrésen non era permesso di stare al sole, giocare a pallone o nuotare nell’acqua sporca o fare qualsiasi cosa che gli potesse concedere un po’ di piacere. Tutto per preservare la sua bellezza. 

Ma Björn Andrésen non era nemmeno un attore professionista. Orfano, crebbe con la nonna, che lo portava ai provini cinematografici come “lavoretto estivo”. Non era pronto a tutto quello che comportò Morte a Venezia. Tanto che nel documentario descrive la premiere del film al Festival di Cannes e il conseguente bagno di folla come un’assalto di pipistrelli attorno a lui. Un incubo reale, dice, che gli ha dato l’impressione di venire usato come un oggetto per promuovere il film. 

Il suo status di icona di bellezza eterea gli ha provocato anche problemi nel relazionarsi con altre persone. “Non credo che sia eticamente accettabile lasciare che un sedicenne si porti sulle spalle il peso di promuovere quel dannato film. Non quando torni a scuola e ti senti dire ‘ciao, labbra d’angelo’. Un ragazzo nel mezzo della sua tempesta ormonale non vuole essere chiamato “bello”.”

Durante il tour in Giappone inoltre il giovane dovette assumere pillole per riuscire a tenere il passo degli impegni promozionali.

Oggi l’attore ha fatto pace con i suoi demoni nati sul set di Morte a Venezia. Ha continuato con la sua attività al cinema, sebbene saltuariamente. L’abbiamo recentemente visto in Midsommar prestare il suo volto e i suoi bianchissimi capelli a un anziano, vittima del rituale al centro del film.

Fonte: Guardian

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