Da qualche parte, in ogni film di Tim Burton, c’è Tim Burton. Alle volte è proprio il protagonista, altre occorre scandagliare i personaggi per trovarlo, altre ancora è nascosto così bene che è quasi impossibile vederlo, ma sempre c’è qualcuno che è un outsider da tutto e che non appartiene, già solo visivamente, al mondo che abita, alla sua comunità e alle persone intorno a lui. E spesso ha anche i capelli sparati. E più un film ha un chiaro Tim Burton dentro di esso più (solitamente) è un buon film. Come se Burton non riuscisse a trovare quella medesima forza espressiva quando qualcosa non lo riguarda molto da vicino, quando non riesce a trasformare una storia su una che lo riguarda.

In occasione dell’imminente arrivo della serie di Mercoledì (LEGGI LA RECENSIONE) su Netflix, di cui il filmmaker ha diretto quattro episodi su otto, abbiamo quindi messo in classifica i migliori film di Tim Burton a seconda di quanto Tim Burton contengano, quanto sia palese e quanto parlino bene (o male) del mondo che lui ha creato.

winona ryder beetlejuice

Big Fish

Il grande narratore di storie

Nel più burtoniano dei film non immediatamente burtoniani c’è la passione per il racconto di Tim Burton che stavolta, nonostante non gli somigli, è il protagonista sotto mentite spoglie. I suoi caratteri tipici sono mascherati ma quella passione per la creazione del grande racconto, fantastico, a tinte forti, molto stilizzato è tutta sua. E infatti proprio questa grande capacità di Big Fish di raccontare qualcosa ne costituisce l’arma principale.

Mars Attacks!

Nascosto in una roulette piena di armi

La fantasia di fantascienza defintiva di Tim Burton è che arrivino gli alieni degli anni ‘50, quelli ridicoli, grotteschi e, con il senno di poi, non troppo diversi dai Minion della Illumination. Scatenano comici paradossi e sembrano quasi fare la parodia di un film di fantascienza non fosse per il personaggio di Richie, pacifista e introverso in una famiglia a mano armata, attaccato alla nonna, sentimentale e lontanissimo dai modelli maschili di riferimento del suo gruppo sociale. In un cast grandissimo di personaggi pessimi (tutte star americane) lui è l’unico outsider, Tim Burton che sente di non appartenere ad Hollywood nel suo film più denso di celebrità.

Beetlejuice

Gotico, emarginato e in connessione con l’al di là

Il mondo dei morti è molto più vivo del mondo degli umani, molto più “umano”, divertente e vitale. È la bottomline di una carriera intera che viene impostata in questo film tra morti e vivi. Non è certo Beetlejuice Tim Burton né è i coniugi deceduti che lo evocano ma è semmai Winona Ryder, cioè Lydia, ragazza dark e outsider che con quel mondo dei morti ha una strana connessione e affinità elettiva.

Batman 

L’eroe più triste che si sia visto

L’impresa di questo primo grande cinecomic è quella di aver trasformato un personaggio di statura eccelsa, in uno dei molti esseri umani ai margini della filmografia di Tim Burton, di avergli dato una strana malinconia solitaria che solitamente non associamo agli eroi ma che calza così bene Batman. Il Batman di certo più solo e triste di tutti. Tim Burton.

batman tim burton film

Batman 2

Il rovescio della medaglia degli outsider

Nel secondo film Burton non è solo il protagonista, stavolta è anche il Pinguino, come se quello fosse il suo negativo, la versione incattivita di chi viene cacciato e ostracizzato (come anche è Catwoman, altro villain che nasce da una persona mai veramente integrata nella società). Bruce Wayne è il freak mascherato che ha scelto la compassione per gli altri, il Pinguino e Catwoman sono i freak della notte che invece hanno scelto un’altra strada. Gli altri Burton.

Ed Wood

L’alter ego registico più assurdo che qualcuno abbia mai scelto

Troppo facile. Un film sul cineasta più cialtrone di sempre, o almeno quello che passa per essere il più cialtrone di sempre, è un’ode in realtà al modo di creare di Burton. Ci sono i suoi miti, le sue storie, tutto quello che avrebbe voluto fare e voluto essere, Ed Wood come un emarginato esaltato, con gli occhi pieni di entusiasmo e nessuna forma di gusto che poi, tuttavia, quando incontro Orson Welles in un ristorante scopre di avere i suoi medesimi problemi.

Vincent & Frankenweenie

Creatore e creatura

Sono due corti che ha girato prima di esordire nel lungometraggio in cui in modi diversi rientra il mito di Frankenstein. Vincent è sostanzialmente un ragazzo che sogna il gotico e spesso sembra una parodia del barone Frankenstein con i suoi esperimenti, ha i capelli di Tim Burton, il suo look e tutte le sue ossessioni. È esattamente lui. Ma la cosa interessante è che poi in Frankenweenie, storia di un bambino a cui muore il cane e che lo rianima proprio come Frankenstein (e come Frankenstein il cane sarà perseguitato dalla comunità), Tim Burton è palesemente il cane protagonista, il diverso che teme di essere perseguitato.

La sposa cadavere

Sposato al mondo dei morti. Finalmente

Il sogno definitivo di Tim Burton, sposare l’al di là e trasferirsi in un mondo che tutti considerano terribile ma che lui da Beetlejuice fino a qui ritrae come vitale, l’unico in cui si sente a proprio agio, l’unico che sembri condividere i suoi valori, l’unico in cui lui stesso non sia vessato, ostracizzato, rimproverato e messo alla berlina. La sposa poi è doppiata dalla vera compagna di Tim Burton, cioè Helena Bonham Carter.

edward mani di forbice tim burton

Dumbo

Essere cineasti ad Hollywood

Dumbo è un artista che crea qualcosa per un pubblico che lo apprezza, almeno fino a che non arriva un circo più grande che compra i suoi servizi e modifica il suo spettacolo così tanto, allargando così tanto il suo pubblico con idee più banali, che alla fine non ha più nulla di ciò che lo rendeva speciale all’inizio, è solo intrattenimento massificato senza nessun cuore. Ricorda la dialettica tra un certo regista e un certo mondo del cinema?

Edward Mani Di Forbice

Autobiografia

C’è tutto. C’è il look (cioè i capelli e il pallore), c’è l’attore feticcio che è da sempre il suo alter ego, c’è Vincent Price che lo crea, c’è la comunità colorata e rispettabile che in realtà fa schifo e prima abbraccia il diverso poi vuole mungerlo, capire in cosa gli possa essere utile e infine lo respinge e c’è anche il maniero gotico, unico mondo in cui il diverso si trovi a suo agio. Mai Tim Burton è stato così al centro di un suo film, con quella trovata da storia del cinema che sono le mani di forbice, capaci di creare cose stupende ma anche di spaventare tutti, che gli impediscono di abbracciare e vivere la vita sentimentale che vorrebbe costringendolo a quella più romantica di tutte, quella platonica.

Qua sotto potete trovare la nostra intervista con Tim Burton, a cura di Andrea Bedeschi, realizzata a Lucca:

Trovate tutte le informazioni su Mercoledì nella nostra scheda.

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