È in una strana forma di “presenza-non-presenza” che Tom Holland incontra la stampa italiana al teatro 10 di Cinecittà per parlare di Spider-Man: No Way Home, da mercoledì 15 dicembre nei cinema italiani. Sul palco c’è Alessandro Cattelan a moderare e dietro di lui, su uno schermo nero, all’interno di un cerchio di fuoco magico sullo stile di quelli attraverso i quali viaggia Doctor Strange, c’è il giovane attore proiettato in diretta da Los Angeles. Un filo di delay per la connessione ma per il resto funziona: “Ho chiesto che mi ingrandissero nella proiezione, non sono così grosso nella realtà” dice Holland per scaldare l’atmosfera.

Tutta la conferenza va nella direzione del dramma e della crescita, questo è ciò a cui tiene di più l’attore, quello di cui vuole parlare veramente: “Sai, questi film possono essere facilmente fraintesi per pop corn movies, e lo sono, ma è una definizione molto grande dentro la quale c’è di tutto e un personaggio così drammatico con un script così bello è il massimo da recitare. C’è una scena con Zendaya e Jacob che penso sia bellissima e sono sicuro che toccherà il pubblico”.

Quando gli viene chiesto cosa il suo Spider-Man abbia enfatizzato maggiormente, risponde che è l’umiltà il tratto su cui ha lavorato di più: “L’idea che sta sempre facendo qualcosa non per sé ma per gli altri. Questo film porta proprio quest’aspetto su un livello successivo. Ma se devo essere sincero a me interessa molto cosa possiamo fare con l’azione. Il nostro team è il migliore nel nostro settore: avevamo una stanza immensa, senza soffitto, per poter fare di tutto e volare ovunque. Adoro lavorare così e farlo nella maniera immensa in cui è consentito in queste produzioni è fantastico”.

A ogni modo Tom Holland non fa i propri stunt da sé, almeno non tutti: “Mi piace fare quello che posso fare. Ci sono cose che non so fare o che sono troppo pericolose, alle volte anche solo per il bene del personaggio è meglio che certe cose le facciano le mie controfigure che le fanno meglio, io intervengo e con gioia quando invece ci sono momenti di azione che sono ‘character moment’, in cui è importante recitare. Ma parliamoci chiaro, la mia controfigura è stata sbattuta al suolo e poi contro le scale. Io non lo voglio fare! Fa troppo male!”

La domanda che lo apre di più è se lui ritiene che Tony Stark sarebbe fiero di come si sta comportando Peter Parker: “Penso che sarebbe davvero fiero. Prende decisioni che nessuno prenderebbe e in questo film, in particolar modo, diventa un vero leader. È fantastico per me poterlo recitare. Prima era il tipo che seguiva, ora invece è proprio Spider-Man, è cresciuto, è se stesso e ha il pieno controllo della sua storia. E poi il fatto che la sua identità sia stata svelata fa sì che possa recitare molto più tempo senza maschera, finalmente!”

Impossibile non parlare del poter recitare con i grandi attori della saga di Spider-Man: “Che onore condividere lo schermo con alcuni dei miei villain preferiti del passato! È fortissimo come recitino personaggi che, nel caso di Willem Dafoe, avevano interpretato 20 anni fa. È perfetto per il piacere della nostalgia ma poi ci sono dei tocchi di novità che li rendono freschissimi”.

Come del resto era impossibile che qualcuno non ci provasse a chiedere: “E che ti hanno detto Tobey Maguire e Andrew Garfield, hai chiesto a loro consigli su come interpretare Peter Parker?”

“I migliori consigli da loro li ho avuti guardando i film che hanno fatto. Non abbiamo parlato prima che io iniziassi a recitare Peter Parker ma sono cresciuto con loro e quindi da loro ho imparato prima di iniziare”.

Impeccabile.

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