Preaperture

La Mostra del cinema di Venezia n.68 è stata ufficialmente preaperta (qualsiasi cosa questa locuzione mulleriana significhi) da Ezio Greggio con Box Office 3D. Però visto che abbiamo tutti il coraggio e la volontà di lasciarci alle spalle questo passaggio, che pare essere stato obbligato ma saggiamente relegato al giorno prima dell’inizio, possiamo andare direttamente alla vera giornata inaugurale.

George apre, George chiude

Dunque, la Mostra del cinema ufficialmente è partita ieri mattina alle 9 con la proiezione per la stampa di Le Idi di Marzo di George Clooney, replicata in serata come si conviene alla presenza di attori, cast, invitati, pubblico e chi più ne ha più ne metta. Tra questi due eventi si è svolta tutta la prima giornata.

Cavalli pazzi e antipodi

Terminata la proiezione del film della giornata i più saggi si sono rivolti a Crazy Horse, pellicola che in tutti i tweet viene descritta come un trionfo di chiappe sode. I più sfortunati, invece, hanno optato per la proiezione in contemporanea: Vivan Las Antipodas!, evento fuori concorso che sembra essere frutto dell’unione della passione di Arriaga per le storie che si incrociano a partire da contesti molto lontani, con il gusto per la contemplazione naturalistica di Ermanno Olmi. Ovviamente nè l’uno nè l’altro hanno lavorato a questo film nonstante idee e stile li ricordino, e la differenza si sente, almeno quanto l’assenza di una trama (è un film contemplativo) o di un qualsiasi guizzo di montaggio nei raccordi tra i diversi antipodi del mondo che sono messi a confronto.

Urla e strepiti

Quando George Clooney, Philip Seymour Hoffman, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood e Paul Giamatti si sottopongono al passaggio obbligato delle foto prima della conferenza stampa le urla si sentono in tutto il Lido. Non c’è luogo dove non sia evidente cosa sta succedendo.

Giornate degli autori

Mentre gli ultimi operai montavano le assi degli stand, e spillavano per terra il rosso del tappeto rosso (Venezia è così: ogni anno, i lavori di costruzione e preparazione della zona del festival vanno avanti fino a 10 secondi prima dell’inaugurazione, ogni volta temo che non facciano in tempo e invece ce la fanno), veniva proiettato il primo film delle Giornate degli Autori, la sezione autonoma e parallela del festival.
Si intitola Testimony e vede una serie di attori interpretare storie vere (ma romanzate) di palestinesi e israeliani durante la seconda Intifada. Non sono storie leggere e il film ha il pregio di non mostrare le vittime solo da una parte. Purtroppo la messa in scena è davvero minimale (attore inquadrato in un contesto ogni volta diverso e basta) e la durata è superiore alla sopportazione.

When Apocalypto meets L’ultimo dei Mohicani

Si potrebbe intitolare L’ultimo dei Seediq Bale il nuovo film di Te-Sheng Wei (che invece si intitola Warriors of the Rainbow) per come racconta la storia della tribù dei Seediq Bale, stanziati nell’odierna Taiwan, quando, sottomessi sanguinariamente dai giapponesi, decisero di ribellarsi in un tentativo che sapevano essere suicida: 300 contro un esercito intero. Ed è andata più o meno come agli spartani ma con meno epica e ralenti.

Lo stile sembra ricalcare palesemente quello del film di Apocalypto di Mel Gibson per ritmo, inquadrature e trovate visive (nonchè efferatezza), mentre l’ambientazione ricorda il Nord America di Michael Mann. Il film però non va nemmeno vicino alla perfezione delle due opere citate e anzi a fronte di molta buona epica fa sfoggio arrogante di effetti digitali da 1993.

Il finale, che si svolge nel cielo, è talmente mal realizzato da aver generato risate in una sala colma di giornalisti di cinema, ovvero la categoria umana meno esperta di tecnologia che esista.