Alberto Barbera non ha mezze misure, almeno quando parla con la stampa, ed è uno dei pochi direttori di festival a permettersi di dire che film avrebbe voluto ma non è riuscito ad avere (Twelve years a slave, come immaginavamo un po’ tutti) e a dichiarare che tutto quanto c’era di papabile e non è stato preso è, semplicemente, brutto. Compresi i film italiani.

Ci vuol coraggio perchè domani inizia il festival e sarà sotto gli occhi di tutti cosa invece sia quel bello che il comitato di selezione ha trovato ed è riuscito a mettere insieme.

Ci sono non poche sorprese nella selezione e l’apertura dei giochi che formalmente spetta a Gravity (il classico filmone, quello che andrà bene anche se dovesse essere incolore) sarà preceduta da un azzardo anche maggiore, L’arbitro, già di per sè una dichiarazione d’intenti.

Si tratta di un film italiano tratto dall’omonimo cortometraggio di Paolo Zucca vincitore del David di Donatello come miglior corto nel 2009. Già che in Italia si faccia un film da un cortometraggio è inusuale, in più chi ha visto quel corto (qui un piccolo assaggio in orrenda qualità) ha subito intuito che Zucca sa quello che fa. L’arbitro, va detto, è parte della selezione di Le giornate degli autori ma lo stesso, questo piccolo esempio va preso come una sineddoche per il resto del festival, intento, almeno sulla carta, a mostrare un cinema italiano che, a fronte di nomi più noti (Amelio), è fatto anche di titoli spiazzanti e audaci come Sacro GRA (in concorso).

Infatti di 155 titoli italiani visionati (questa la statistica divulgata dallo stesso direttore) quelli selezionati paiono non i più scontati nè i più raccomandati, anzi. Il resto “sono raffazzonati” dice Barbera. Gli si può dare torto?

Insomma Barbera non ha di certo puntato sul sicuro, ha preso meno film rispetto ai predecessori, ha asciugato la selezione e non ha tenuto necessariamente i più commerciali. Qualche nome di richiamo preso più per l’attrattiva che per il film ci sarà sicuramente (che diamine! E’ pur sempre uno dei festival più importanti del mondo!) ma la quantità impressionante di opere la cui durata supera le 3 ore la dice lunga.

Con il quarto Heimat a fare da apripista (240 minuti sparati subito, il primo giorno) la mostra alterna lunghezze che non vogliono conciliare, a titoli che hanno tutto da dimostrare (il Capitan Harlock 3D di Aramaki dovrà reggere un’aspettativa non da poco, sia nei riguardi di chi si stupisce della presenza di un film simile sia di chi l’ha sempre auspicata, The canyons già insultato oltreoceano è un film fatto in piena libertà senza nessuna costrizione degli studios, senza cioè scusanti), con pochissimi contentini al nostro cinema e senza la foga dell’avere un titolo per ogni parte del pianeta.

Per dirla in parole povere chi decide di mettere in concorso il nuovo film di Terry Gilliam con Jesse Eisenberg e Christoph Waltz e poi sostiene di aver scartato i film brutti pone da solo la propria testa sul piatto. Già l’anno scorso Barbera l’aveva fatto e l’esito era stato di non facile giudizio, la mostra non aveva brillato di una luce eccezionale (ricordiamolo però, spesso è semplicemente colpa dei film che sono disponibili, non sempre ci possono essere prati di capolavori da cui cogliere) ma le scelte fatte erano sembrate forse le più sensate.

Quest’anno, prima ancora di cominciare a vedere i film, sembra che il rischio sia raddoppiato, sembra che la Mostra non voglia venire incontro a nessun pubblico generalista ma fare quel lavoro di selezione, scoperta e messa in risalto del meglio che gli compete.

Un piccola postilla: come sempre anche quest’anno la sezione Orizzonti “è la migliore”, quella “da scoprire”, secondo la direzione. Un mantra ripetuto da ogni direttore. Negli anni passati molto si è discusso del fatto che Orizzonti non sia mai riuscita a diventare una Quinzaine o comunque essere all’altezza del nome che ha scelto, spesso luogo di film più difficili che affascinanti, titoli che raramente hanno lasciato un segno e di conseguenza da tempo ormai poco frequentata da spettatori e stampa. Vedremo se quest’anno saremo smentiti. Sarebbe la vera impresa della gestione Barbera.