È disponibile già da un po’ nelle librerie italiane “A proposito di niente”, l’autobiografia di Allan Stewart Königsberg, più noto come Woody Allen.

Nelle prime battute del libro, il geniale regista affronta subito una questione che ha recentemente toccato anche in un’intervista col Daily Mail, ovvero l’essere percepito come un intellettuale mentre, in realtà, afferma di essere tutt’altro.

A tal proposito Woody Allen spiega:

Tra parentesi, è sorprendente quanto spesso io venga etichettato come “intellettuale”. È vero quanto è vero che esiste il mostro di Loch Ness dal momento che non ho un solo neurone intellettuale nel cervello. Incolto e per nulla interessato allo studio, sono cresciuto con tutte le premesse per diventare un buzzurro che se ne sta in poltrona davanti alla televisione, birra in mano e partita di football ad alto volume, paginoni di Playboy attaccati con lo scotch alla parete. Posso sfoggiare giacche di tweed come un professore di Oxford, ma dentro sono un barbaro. Non ho né intuizioni geniali né pensieri elevati, non capisco la maggior parte delle poesie più complesse della Vispa Teresa. Certo,porto un paio di occhiali con la montatura nera e suppongo siano loro  a tenere viva questa leggenda in combinazione con il talento di appiopparmi di citazioni di testi eruditi che vanno al di là della mia comprensione, ma che possono essere usati nel mio lavoro per dare l’ingannevole impressione di essere più colto di quanto non sia.

Woody Allen rivela infatti di aver letto solo ed esclusivamente fumetti fino ai 18 anni di età e di aver allargato l’orizzonte dei suoi interessi solo… quando le ragazze cominciarono a entrare nell’orizzonte dei suoi interessi:

Al contrario di mia sorella, ero un ragazzo pigro che non provava alcun piacere a immergersi nei libri. E perché avrei dovuto? La radio e i film erano molto più coinvolgenti. A scuola non avevano la minima idea di come far amare la lettura. I libri e le storie che sceglievano con tanta cura erano tediosi, stupidi e sterili. Non c’era nulla di paragonabile a Plastic Man [noto personaggio della DC Comics, ndr.]. Pensate che un ragazzino in piena tempesta ormonale (anche in questo caso, alla faccia di Freud, non ho mai avuto una fase di latenza) cui piacevano i film di gangster con Bogart e Cagney e le bionde sexy e pettorute si potesse appassionare al Dono dei Magi di O. Henry? Un racconto in cui la protagonista femminile vende i suoi capelli per comprare la catena di un orologio al suo maritino e lui vende il suo orologio per comprarle un assortimento di pettini? L’unica morale che ne ricavavo era che è sempre meglio regalare dei soldi. A me piacevano i fumetti, per quanto elementare fosse la loro prosa; e quando più tardi mi iniziarono a Shakespeare, me lo inflissero in modo tale da desiderare di non udire più per il resto della vita espressioni come “meco indulgenti” o “lagrime generose”.

In ogni caso cominciai a leggere solo alla fine delle superiori, quando avevo gli ormoni in subbuglio e iniziavo a notare le ragazze con i capelli lunghi e lisci, niente rossetto e poco trucco, che andavano in giro con maglioni a dolcevita neri, gonne e collant dello stesso colore e grosse borse di pelle brandendo copie della Metamorfosi di Kafka con annotazioni ai margini tipo “Sono d’accordo” o “cfr. Kierkegaard” […] Va detto che queste signorine non aspettavano con ansia il nuovo numero di Captain America o neanche il nuovo Mickey Spillane, l’unico poeta che fossi in grado di citare.

Cosa ne pensate di questi aneddoti raccontati da Woody Allen? Ditecelo nei commenti!

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