Se si dovesse inquadrare Alex de la Iglesia in una categoria registica, sarebbe senza dubbio quella del “regista geek”. Non si può dare altra definizione di chi, presentandosi alle interviste con la stampa (anche in video!) di uno dei più importanti e intellettuali festival del pianeta, indossa una maglietta con la Cosa dei Fantastici Quattro. Ha vinto subito tutto.

Per chi non lo conosce occorre aggiungere che nel giro degli autori europei lo spagnolo è tra i più profondi, seri e accurati conoscitori di cinema. Capace di saltare da una citazione di Sartre a un film di Buñuel fino ai fumetti meno commerciali. Eppure, lui che di fumetti è appassionato, non ha mai cercato di adattarne uno per il cinema, nemmeno in quest’era in cui il cinecomic sembra una delle forme più redditizie di film. E' proprio da questo che parte la nostra intervista al Festival di Berlino, a margine della presentazione del suo film La Chispa de la Vida (leggi la nostra recensione):
 

Il punto è che sono i blockbuster che si stanno occupando dei fumetti e l’interesse è solo lì. Io sono fan dei fumetti che ho letto nella mia vita, non di tutti. Questi grandi adattamenti Marvel non mi piacciono molto.

Ma ci sono anche graphic novel e fumetti più piccoli portati al cinema.
Sì, è vero, come Kick-Ass! Se ci pensi bene però l’armata di clown all’inizio di La ballata dell’odio e dell’amore sembra uscire da un fumetto…

Venendo invece a La chispa de la vida, sembra un film tutto centrato sul sistema dei media come sciacallo delle disgrazie della contingente crisi economica.
Il sistema dei media e quello economico sono l’uno la logica conseguenza dell’altro. Io concordo con il direttore del canale televisivo che nel film dice: “Abbiamo la televisione che ci meritiamo” o qualcosa del genere. E’ triste da dire ma ognuno è colpevole della situazione e questa è l’idea del film. Anche il protagonista è vittima e colpevole al tempo stesso, responsabile di tutto quel circo che si crea intorno a lui, perchè è lui a provocarlo è lui a voler fare soldi con la propria morte, un concetto fortissimo.
La crisi o come la vuoi chiamare è così dura che la gente deve usare se stessa per vendere la propria anima al diavolo. Come Faust. E’ come se dicesse: “Ok sono perso, è impossibile combattere, ho del ferro nel collo, sono finito. Almeno farò qualcosa, userò il mio corpo per sopravvivere”. E' la cosa bella del film penso.

Vende la sua anima al diavolo, tuttavia a un certo punto lei lo inquadra nella posizione di Cristo in croce…
Ehehehe sì sì! (sghignazza), a un certo punto lo faccio. Ma è perchè lì si sta sacrificando, come una persona innocente nel mezzo di un circo romano. E’ un’allegoria e al tempo stesso una battuta. Volevo rendere chiaro che è tutta una farsa e i personaggi sono tutti icone e simboli. Uno rappresenta la cultura, uno la politica, uno il manager e uno i media… E nel mezzo una persona cerca di combattere per la propria dignità, cioè il personaggio di Salma Hayek, che è come la vergine Maria mentre ammonnisce il marito di non perdere la propria anima. Ma sempre in una maniera divertente, non voglio essere serio. Per questo ne ho fatto una commedia, perchè la vita è così: cerchi di essere serio ma poi ti scappa una scorreggia, è impossibile essere seri fino in fondo.

C’è una caratteristica comica ricorrente dei suoi film: la gente che, non presa singolarmente ma nel complesso, è terribile, il peggior personaggio immaginabile.
Si si! Ahahahahaha!

Ed è strano come questo sia sempre qualcosa di molto divertente.
Si, io concordo completamente con Sartre quando dice che “L’inferno sono gli altri”. E’ verissimo, è il senso ultimo di La Comunidad [film di de la Iglesia del 2000, ndb].
Lo senti chiaramente nei momenti più radicali della tua vita. Come nei funerali quando qualcuno ti si avvicina e ti dice: “Ehi mi devi pagare per la bara e i fiori” e tu piangi perchè magari è morto tuo padre e un altro ti si avvicina e ti dice: “Mi dispiace, so che non è il momento, ma abbiamo un problema con l’acqua che lei perde, ci sta colando dal soffitto”. Ti chiedi come sia possibile che qualcuno ti dica cose del genere. E’ duro ma anche divertente, perchè l’umorismo alla fine è crudeltà.

Criticare i media è qualcosa che il cinema e i media stessi fanno da decenni. Sia bene che male. Cosa pensa di aver potuto aggiungere con questo film?
Non parlo di media direttamente ma di un uomo che vuole scappare da questo circo brutale, è qualcosa di surrealista come L’angelo sterminatore. Per farlo uso la televisione, ma io non sono contro la televisione in sè. Pur non concordando con chi gli executive che dicono: “Facciamo la televisione che il pubblico ci chiede” credo che il problema non sia mai la tv trash ma il fatto che ci sia solo quella.
E io pure sono colpevole, perchè uso i media e la tv. Parlo con te, con la stampa, i miei film vanno in tv e sono finanziati dalla tv. Io sono parte del problema non sono uno che lo guarda da fuori.

Quale pensa sia allora il suo ruolo come membro del sistema?
Io cerco di rendere tutto sopportabile. Realizzare un film di finzione e riderne per poterci pensare. Forse il personaggio di Salma ha ragione a dire “Se perdi la dignità perdi tutto” e noi possiamo pensare alla tv in questa maniera, può servire solo a fare soldi o può cambiare le persone. Io ma anche te penso, da piccolo guardavo la televisione e scoprivo cose belle e interessanti, ora invece non è possibile.

Secondo lei qual è il vero protagonista del film, l’uomo paralizzato intorno al quale si raduna tutta la storia o Salma Hayek, la moglie che si trova di fronte a tutti i drammi e contraddizioni, l’unica a prendere le decisioni?
Mi piace moltissimo divertirmi con i personaggi secondari, ma io alla fine sto con Salma, anche se ritengo pure il suo personaggio colpevole. Lei è responsabile di quel che succede perchè ha sempre invitato il marito ad essere positivo, a pensare di poter fare qualsiasi cosa. Invece alle volte non c’è possibilità, tentare non serve a nulla e spingere la gente a fare cose impossibili può distruggerle. Meglio prendere consapevolezza e combattere in altre maniere.
Questo falso positivismo, è un problema! E’ come voler essere positivo con un cancro terminale.
Alla volte c’è bisogno di essere più seri e responsabili, perchè magari non serve la persona carismatica ma quello noiosa e seria che cerca di fare le cose come vanno fatte. Ad un certo punto infatti il personaggio di Salma sembra realizzare che effettivamente il film potrebbe anche finire male…