Capelli raccolti all’indietro ingelatinati alla Brigitte Nielsen, tailleur dal taglio maschile nero, camicia bianca che disegna un movimentato girocollo da aristocratico francese a cavallo in tempo di rivoluzione, eyeliner e carnagione bianca più del latto, sfumatura Morticia Addams: nonostante Evan Rachel Wood sia molto più bella dal vivo che al cinema, appena la guardi ti viene in mente Lady Oscar.

Poi apre la bocca e ritiri tutto: è vero che ad Aprile ha dichiarato di essere bisexual (dopotutto se stai per anni con Marylin Manson qualche ragione ci dovrà pure essere), ma la risatina alla fine di qualsiasi risposta che ti dà è più che mai civettualmente femminile. La incontriamo nello Spazio Lancia del festival di Venezia per un incontro ristretto con parte della stampa italiana. Accanto a lei ci sono Philip Seymour Hoffman e Paul Giamatti: assieme, tutti e tre, hanno da poco terminato la conferenza stampa di presentazione di Le idi di Marzo, il film di apertura del festival di Venezia. Mancano Gosling (rimasto in Nuova Zelanda per l’ennesimo film di una carriera che ormai è inarrestabile) e Clooney, che da qualche tempo manca puntualmente tutti gli incontri stampa che non siano conferenze.

Philip Seymour Hoffman non ama parlare, è spallato, barba lunga, occhiali da sole, si vede che è lì perché “qualcuno dovrà pur farlo”, parliamo pur sempre di un premio Oscar, ma quando la Wood dice qualcosa su cui non è d’accordo, un’affermazione come “Mi piace andare fuori dagli Stati Uniti perché solo andando fuori ci si rende conto di quanto la nostra informazione sia parziale e di come non si riesca ad avere un quadro di insieme di ciò che succede nel resto del globo”, chiudendo il tutto con la sua solita risatina con la mano che si copre la bocca quando anche lei si rende conto che sta durando troppo, lui prima borbotta qualcosa, poi si guarda intorno e appena notato che il resto dei giornalisti si aspettano ormai che dica qualcosa, attacca con il suo punto di vista. “Non è vero, ormai con internet, i blog e i tanti giornali, più o meno a pagamento, si possono avere migliaia di opinioni differenti e diversi punti di vista anche rimanendo a casa. Non è l’informazione che manca, al massimo è il filtro, è sempre più difficile scegliere da dove trarre le informazioni e se non si ha tempo si rischia di affidarsi a quelle sbagliate”.

Su una cosa concorda però con la presto ventiquattrenne regina dei vampiri della Louisiana di True Blood: “Bush e Obama non sono uguali”. In verità nessuno aveva sostenuto il contrario, ma davanti a una lunghissima e non chiarissima domanda posta in italiano su ciò che Clooney aveva detto in conferenza stampa, tradotta simultaneamente in inglese, il rischio che gli intervistati ti rispondano fischi per fiaschi è sempre molto alto, quasi una certezza quando ad alzarsi in piedi con il microfono in mano sono giornalisti che non hanno bene in mente ciò che vogliono chiedere mentre parlano e lo scoprono solo dopo decine di secondi di fuorvianti preamboli.

Paul Giamatti purtroppo, e se possibile, era ancora più spallato di Seymour Hoffman: “Le piace qualche film italiano contemporaneo?” (domanda classica che pone sempre qualcuno, buttando immancabilmente nell’imbarazzo molti degli altri connazionali giornalisti presenti). Risposta: “No, non conosco il vostro cinema di adesso”. “Che ne pensa del ruolo dell’informazione e politico in America, tema al centro di Le idi di Marzo?: “Sono d’accordo con Evan” dice prima che Hoffman mostri il suo disappunto. Giamatti riesce ad essere d’accordo anche con lui e mentre il biondo collega parla, lui fa continui cenni di assenso con la testa. Sarà il caldo, sarà il jet-lag, sarà che il suo ruolo nel film di Clooney non è grande come un attore bravo come lui meriterebbe, sarà che alcune domande no, non si possono proprio sentire, ma un pochino di delusione per i suoi interventi sarebbe stata normale se a ridare ritmo a tutto non ci fossero state le continue risate della Evan Rachel Wood. Lei sì che le interviste le prende sul serio….