Ellar Coltrane, signore e signori.

È stato per 12 anni la star di un film che ha registrato la sua crescita davanti alla macchina da presa. Noi europei siamo abituati a questi tipi di esperimenti. Nikita Michalkov, Michael Apted e i nostri Pietro Reggiani e Agostino Ferrente si sono tutti cimentati nel riprendere l’effetto del tempo passato sul corpo dei loro protagonisti. Per i nordamericani è un esperimento nuovo ed originale e quindi ecco perché Boyhood di Richard Linklater ha raccolto così tanti consensi presso l’industria hollywoodiana, tanto da portarlo a giocarsi con Birdman i premi più importanti agli Oscar del 22 febbraio.

Ellar Coltrane è lo straordinario protagonista di questo bizzarro film che ne ha seguito la crescita dagli 8 ai 20 anni di età. BadTaste.it lo ha incontrato e intervistato telefonicamente in occasione dell’uscita del film in DVD, Blu-Ray Disc e digital download. È stata una lunga conversazione. Certo… meno lunga dei 12 anni di riprese che lo hanno visto interpretare Mason, nordamericano middle class un po’ uguale a Coltrane e un po’ no.

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Cominciamo dall’inizio. Primo incontro con Linklater?

Avevo 6 anni. Sono andato a un provino. All’inizio lui non mi sembrava nemmeno un regista perché aveva jeans, t-shirt ed era molto casual. Mi parlò del progetto… ma non troppo. Mi osservava molto e voleva conoscermi. Lui non aveva una sceneggiatura… non aveva nemmeno una scena da farmi leggere! Quindi voleva parlare con me e conoscermi. Voleva che sapere alcune mie opinioni specifiche sulla vita, i miei interessi e parecchio sulle mie relazioni umane dell’epoca. Voleva sapere soprattutto cosa pensassi del concetto di amicizia. Alla fine dell’incontro mi disse che voleva utilizzare la vita per creare l’arte e che sarebbe partito dalla mia vita per fare un film. Io devo ammettere che non ci capii molto.

Mi piace molto l’espressione “gioco di ruolo” per descrivere la mia esperienza. E’ molto azzeccata.

In quale periodo dei 12 anni di riprese hai cominciato a capirci qualcosa?

In un certo senso è come se l’avessi sempre saputo, fin da quel primo incontro… e allo stesso tempo lo ignorassi. C’era una parte del mio cervello che vedeva quell’esperienza come totalmente disgiunta dalla mia vita privata. Devo ammettere però che Richard è sempre stato onesto con me nel descrivermi il film. Mi parlava moltissimo anche della sua infanzia e di come questo film fosse in realtà un film anche molto sui suoi primi anni di vita.

Mason è diventato una sorta di personaggio di un gioco di ruolo per te?

Sì. Mi piace molto l’espressione “gioco di ruolo” per descrivere la mia esperienza. E’ molto azzeccata. Il personaggio di Mason e tutta la storia di Boyhood… erano un gioco di ruolo in cui potevo paragonare i miei sentimenti e le mie esperienze durante la crescita con quelle di Mason. Soprattutto da adolescente… questo rapporto tra realtà e finzione è stato molto complesso. Mason è sempre stato un riflesso di me stesso. Un mezzo per esplorarmi attraverso la finzione.

C’è stato mai un momento in cui hai pensato: “Basta! Non lo voglio fare più!”. Un po’ come è successo alla figlia di Linklater, la quale nel film interpreta tua sorella Samantha. Lei durante i 12 anni di riprese si è stancata di recitare e infatti il suo personaggio diventa sempre più marginale nella seconda parte. Tu hai avuto mai una crisi di rigetto nei confronti del fatto di dover stare davanti alla macchina da presa?

No. Mai. C’è stato sicuramente un momento in cui ho realizzato che avrei dovuto fermarmi nei miei sogni di attore. C’è stato un momento in cui ho smesso di fare provini per altri film. Ma Boyhood non mi ha mai stancato. Mi sono sempre divertito come un pazzo a fare il film e l’ho sempre amato moltissimo.

Perché ti sei fermato a fare provini?

Non so darti una ragione precisa. Non ero più interessato. Non mi piacevano quelle parti per cui ero in ballo. Era stressante e mi annoiava. Avevo un bellissimo progetto cui lavorare che era Boyhood e non avevo bisogno di stressarmi ulteriormente.

 

boyhood

 

Qual è la tua scena preferita del film?

Il finale. Quel momento è stato il più incredibile da filmare perché c’era sul set un’atmosfera così magica. E’ stato sicuramente il momento più emotivo di tutto il film. Quell’inquadratura… quell’attesa… è così tenera. E’ anche vero che ogni anno di riprese mi sembrava sempre l’anno più bello e quel finale non l’abbiamo poi girato così tanto tempo fa. Quindi forse è perché è il ricordo più vicino che ho del film. Ma tutta quella coda dil film per me è semplicemente magica.

C’è il sospetto che possiate tutti tornare per continuare Boyhood che forse a quel punto potrebbe chiamarsi Manhood. Non pensi?

C’è sicuramente stato un dibattito sull’argomento e sì… ne abbiamo parlato. Penso che non accadrà presto ma ci siamo divertiti tutti così tanto che non è affatto da escludere. Sicuramente ci sarebbe un grande piacere per tutti noi di tornare a lavorare ancora insieme. Lo spero tanto anch’io.

Ci sono stati parecchi tagli che tu sappia?

No… non c’è molto di più. Avevamo un budget così ridotto e un piano di riprese così preciso che Richard non ha potuto tagliare molto alla fine.

La scena in cui parli con tuo padre (Ethan Hawke, N.d.R.) di Guerre Stellari escludendo un possibile futuro per il franchise è ancora più divertente vista con gli occhi di oggi dal momento che sappiamo che quel futuro… ci sarà! Non sapevate nulla di nulla della remota possibilità che si potesse fare un nuovo Guerre stellari, vero?

Assolutamente no! Era una barzelletta anni fa e credimi se ti dico che ogni famiglia americana ne parlava. E’ un dialogo importante che serve ai padri quarantenni per provare ad entrare in connessione con i figli della mia generazione.

Dimmi di più di quella scena. Perché Linklater la mise?

Quello è stato il momento in cui io sono diventato per la prima volta una sorta di autore di supporto per Boyhood. Una sorta di co-sceneggiatore. Quindi quella scena su Guerre Stellari esiste perché io ero molto interessato all’argomento in quel preciso momento della mia vita e Richard se ne accorse. Quella scena è stata tutta improvvisata davanti alla camera perché Richard voleva che venisse genuinamente fuori cosa mi piaceva quando avevo 11 anni. Era il 2005 e stavamo tutti in piena modalità Guerre stellari visto che si stava chiudendo la trilogia dei prequel con Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith.

E quel bellissimo momento in cui Mason è incuriosito dagli elfi de Il Signore degli Anelli?

Quella non è stata una mia idea. Quella fu un’idea di Richard.

Mason parla degli elfi perché è interessato a qualcosa che non si vede quotidianamente. Sei d’accordo che poi questo interesse per qualcosa che si nasconda dietro la realtà apparente delle cose diventi un po’ il chiodo fisso del tuo personagio?

Sì. Devo dire che questo interesse lo condivido molto con  Richard. La ricerca per qualcosa di più profondo e che vada otre la superficie delle cose è qualcosa che ci accomuna molto. Comunque è vero… decidemmo che quello sarebbe stata la motivazione principale di Mason mano a mano che il suo carattere si definiva sempre di più.

Bello anche il momento in cui Mason parla dei grandi film di quella estate 2008. E’ qualcosa che possiamo ricordare tutti e ricollegare alle nostre vite di appassionati di cinema. Dunque: The Dark Knight (da noi Il cavaliere oscuro, N.d.R.), Pineapple Express (da noi Strafumati, N.d.R.) e Tropic Thunder. Erano i tuoi film preferiti di quell’estate da quattordicenne?

Assolutamente sì.

Negli Stati Uniti un sacco di adolescenti riescono ad entrare ai film targati R anche senza i genitori.

Strafumati e Tropic Thunder erano certificati R dalla Mpaa (sotto i 17 anni di età devi essere accompagnato da genitori o un adulto, N.d.R.). L’hai visti accompagnato?

Ma guarda che negli Stati Uniti un sacco di adolescenti riescono ad entrare ai film targati R anche senza i genitori. Quando hai tra i 12 e 13 anni entri dappertutto. Forse magari per la violenza estrema o il sesso ti fanno delle storie all’entrata… ma se si tratta solo di qualche parolaccia o altro… ti fanno entrare.

Stabilire i tre film migliori dell’estate è un’usanza tipica del maschio nordamericano? E’ un topic della conversazione?

Sì. E’ un espressione comune. C’è la top three di tutto: canzoni, album, show televisivi.

Parliamo di futuro. Ora che succede per te?

Niente cinema per ora ma tanto disegno e tanta pittura. Dipingo costantemente, scrivo poesie e racconti. Sto aspettando il progetto più interessante.

Ti stanno cercando dall’industria hollywoodiana? Ti vogliono?

Mi conoscono. Sanno che esisto… ma basta. Ho ricevuto molte meno proposte di quello che tu puoi pensare dopo Boyhood!

Chi è il tuo attore preferito?

Philip Seymour Hoffman. Una perdita gigantesca per tutti noi. E’ stato un incredibile attore.

Disegnare è la cosa che ti piace di più?

Forse sì. La fotografia viene subito dopo. Sopratutto quando ero al liceo la pittura e il disegno mi hanno aiutato molto.

Un’ultima curiosità… se non ti fosse piaciuta la fotografia a te personalmente… allora non avremmo visto Mason diventare un fotografo? O meglio ancora… se tu non avessi amato per niente l’arte… Mason sarebbe stato un altro personaggio del tutto o no?

Esattamente. Richard mi ha seguito costantemente ed è proprio così. Facciamo un esempio molto semplice. Se mi fosse piaciuto molto lo sport e fossi andato fuori di testa per una disciplina specifica… Mason nel film sarebbe stato un atleta.

Girato per brevi periodi tra il 2002 e il 2013, Boyhood è un’esperienza cinematografica innovativa che copre 12 anni di vita di una famiglia. Al centro della storia c’ è Mason, che assieme alla sorella Samantha, vive un viaggio emozionale e trascendente attraverso gli anni, dall’infanzia all’età adulta.