Robert Graf ha il piacere di lavorare con due geni del cinema dal 1996.

I due geni sono Joel e Ethan Coen, l’anno è quello sopra indicato mentre il film che li fece incontrare fu Fargo dove Graf ricopriva il ruolo di location manager. Da quel momento ne è passata di acqua sotto i ponti compresi due Directors Guild Award vinti per Mr. Graf, in qualità di produttore esecutivo, per Non È Un Paese Per Vecchi (2008) e Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza) (2014). Questa conversazione esclusiva con Graf verte su Ave, Cesare! ultima fatica coeniana che l’ha visto ancora in veste di produttore esecutivo. Abbiamo cercato di parlare con lui di metodo, significato profondo del film, casting, identità della pellicola nella filmografia coeniana e, dulcis in fundo, proprio di Joel ed Ethan Coen come artisti e persone.
I due sono spesso criptici con la stampa. Forse Mr. Graf ne sa qualcosa di più.

È un film leggero nella filmografia coeniana? Che ne pensa?
Capisco perfettamente quello che intendi ma non ragiono in questi termini. Per il tipo di lavoro che faccio… anche i film considerati più leggeri della filmografia di Joel ed Ethan vengono presi da me ed il mio staff… molto sul serio quando andiamo in produzione. Per noi si tratta di raccontare storie nel miglior modo possibile. Mettiamola così… noi quando facciamo un film non lo etichettiamo mai come film coeniano “serio” o film coeniano “leggero”.

C’è un metodo di lavoro con Joel e Ethan sviluppato in tutti questi anni?
La mia funzione è aiutarli a realizzare quello che vogliono. Devo capire profondamente quello che desiderano, mettermi sulla loro stessa lunghezza d’onda e poi dare loro quello che è necessario per ottenere il risultato prefisso. Non pretendo di poter dire che ogni volta devo provare a leggere nelle loro teste… ma un po’ è così. Li seguo, li ascolto, li interpreto. Ormai posso dire di aver avuto il piacere di lavorare con loro da 20 anni. Li conosco bene e veniamo dallo stesso posto. Siamo tutti e tre cresciuti a Minneapolis. Se proprio mi vuoi far parlare di un metodo… posso dire che il metodo è quello di circondarci di una crew affiatata e fedele nel tempo. Sono rapporti personali i nostri. È una sorta di famiglia.

Il casting del film è molto affascinante. Certi caratteristi iconici nel cinema mainstream degli ultimi 30 anni paiono svolgere un ruolo preciso. Mi riferisco ad esempio a Clancy Brown, Fisher Stevens e Wayne Knight. Sono stati scelti anche per via di questo loro lignaggio pop?
Tesi affascinante… ma non posso spingermi al punto di dire che il casting aveva esattamente questa intenzione. Certamente è vero che per Joel e Ethan ogni attore scelto è stato scelto anche per il bagaglio iconico che si porta dietro. Per loro due è importante. È vero. Clancy, Wayne e Fisher si portano dietro Highlander (1986), Jurassic Park (1993) e Corto Circuito (1986). Allo stesso tempo non penso però che Joel e Ethan li abbiano scelti specificamente per quel ruolo interpretato in filmografia. Sono tutti e tre, semplicemente, dei bravissimi attori che andavano bene per quei ruoli dentro Ave, Cesare!

Come si è lavorato al casting? C’è stata una linea guida?
Siamo ormai in sintonia da anni, anche con il casting director di fiducia Ellen Chenoweth. Joel e Ethan adorano gli attori e hanno con loro un rapporto speciale. Abbiamo discusso e fatto riunioni ma Joel e Ethan hanno sempre un punto di vista così forte sul rapporto ruolo/attore che tutto è venuto fuori in modo molto naturale. Non c’è una regola o un metodo preciso se non sedersi con loro due, discutere… e poi fare quello che ci dicono di fare.

Che ne pensa del senso profondo del film? È una commedia ambientata nel mondo del cinema del passato ma forse anche qualcosa di più. E se Eddie Mannix fosse un fixer che deve portare senso all’interno del mondo attraverso l’unica cosa che ha senso per i Coen… ovvero il cinema nella sua sua componente anche di logica produttiva? Si può dire che Eddie sia una sorta di versione più religiosa… di lei Mr. Graf?
Mio Dio… interessante. Io ho amato profondamente il film e penso… che sia un tributo amorevole di Joel e Ethan nei confronti dell’arte di costruire un film o comunque dell’arte di creare quello che poi gli spettatori saranno invitati a vedere. Hai ragione… Eddie è un fixer ma anche un redentore. C’è sicuramente un aspetto religioso in lui. Osserva il suo gregge e accudisce i suoi figli. Si considera un protettore nel senso più nobile del termine nei confronti di un gruppo di persone cui deve mostrare la retta via e proteggere dal caos che esiste fuori e dentro di noi.

La vita non ha senso, il cinema sì. Molto coeniano come ragionamento, non crede? Un film e la sua realizzazione… è tutto ciò che possiamo controllare realmente nella vita?
Assolutamente sì. A volte… nemmeno quello a voler essere sinceri! Ed è vero… è sicuramente qualcosa in cui loro due credono molto anche se non voglio passare per essere quello che parla in rappresentanza di Joel e Ethan Coen. Il film ha questo tema, unito al fatto che per me è stato esaltante lavorare alla costruzione di tanti generi cinematografici diversi dentro uno stesso film. Per un produttore è il massimo, credimi.

Quale momento di costruzione del film l’ha esaltata maggiormente?
Quel numero acrobatico in acqua con Scarlett Johansson alla Esther Williams. Sai… oggi non si fa più e quindi ricrearlo è stato più difficile di quello che si può pensare. È come se dovessi recuperare la ricetta di un piatto tradizionale che non si cucina più da anni. Se lo vuoi riproporre con forza e credibilità allo spettatore… devi studiare il passato e lavorare veramente sodo.

Qual è il problema più simile a quelli affrontati da Eddie nel film… che lei ha dovuto affrontare in questo film Mr. Graf?
Non ci hanno rapito la star protagonista, se lo vuoi sapere. Questo è certo. Abbiamo avuto parecchi problemi pure noi… ma nessuno scandalo da coprire come deve fare il povero Eddie.

Ultima domanda. Loro due… tendono a parlare molto poco o non parlare affatto dei loro film. È un approccio che condividono con alcuni grandi maestri del cinema come Stanley Kubrick. La mia domanda, un po’ sciocca, è: con lei Joel ed Ethan parlano? Le confidano quello che pensano sia il loro pensiero più intimo che li porta a realizzare uno specifico film?
Con me parlano. Anche tanto. Parliamo costantemente di quello che stiamo facendo però… devo dirti che la verbalizzazione riguarda essenzialmente problemi pratici di logistica o più comunemente dal punto di vista produttivo. Per quanto riguarda l’essenza più profonda dietro il film che ogni volta facciamo da 20 anni a questa parte… non ci sono molte discussioni. E a volte mi sembra che non parlino nemmeno troppo tra loro due. Il loro ormai è un rapporto così simbiotico che pensano che gli altri capiranno qualcosa, o non capiranno qualcosa, a prescindere che loro parlino oppure no. Non so se ti sembra logico quello che ti dico… ma se proprio mi vuoi far parlare di un metodo… questo è il loro metodo. Parliamo tanto ma anche io a volte sono convinto che in quello che in realtà non ci diciamo risieda il senso più profondo della nostra collaborazione.

 

 

 

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