Conferenza magna quella di Ogni Maledetto Natale, con gran parte dell’immenso cast e i tre sceneggiatori e registi (Luca Vendruscolo, Mattia Torre e Giacomo Ciarrapico), tutti molto affiatati anche perchè una buona fetta già aveva fatto parte del cast di Boris o comunque aveva orbitato intorno a quella serie, altri non vedevano l’ora di lavorare insieme (è il caso di Mastandrea e Giallini, amici da tempo ma raramente nello stesso film).

La prima questione, la più spinosa e più attesa, viene affrontata subito: è quella relativa alla competizione con gli altri film di Natale. Ogni maledetto Natale uscirà il 27 novembre in un buon numero di copie (ma non esagerato) e in largo anticipo per non finire stritolato, una collocazione che i 3 registi definiscono comunque “da serie A del campionato, molto difficile e competitiva” ma che si aspettano gli porti un bel po’ di pubblico, anche in virtù del nutrito cast. Ad ogni modo la questione non è semplice come la si può immaginare.

Mattia Torre: È importante capire che da parte nostra non c’era l’intenzione di prendere in giro un altro modo di fare commedia, un po’ perchè non ne abbiamo una conoscenza sufficientemente approfondita e un po’ perchè comunque avevamo solo intenzione di raccontare una storia divertente ambientata a Natale. In fondo in America ogni anno escono commedie natalizie e nessuno si chiede a che categoria appartengano. Siamo curiosi dell’esito, sappiamo di avere un cast forte.
Valerio Mastandrea: Esatto, questo non vuole essere “l’anticinepanettone”, vorremmo semmai rafforzare l’idea che si può fare una commedia di Natale che si aggiunga a quella tipica, perchè se continuiamo a parteggiare per un tipo di cinema invece che per un altro l’industria non la riprendiamo più. Più varietà c’è meglio è.

Con un cast così grande le riprese non devono essere state semplici, specie considerando che molti di questi hanno una loro comicità e loro idee. La sceneggiatura era di ferro o si improvvisava?

Giacomo Ciarrapico: Passiamo molto tempo sulla scrittura quindi arriviamo coesi alle fase delle riprese, certo qui è stato tutto più difficile rispetto a Boris che era una macchina più rodata. Soprattutto la fase di montaggio è stata più delicata, spesso su cose piccole o grandi dovevamo misurarci con l’opinione degli altri 2, dunque per certi versi è stato 3 volte più faticoso. Alla fine sono felice del risultato perchè nonostante i conflitti esprime quel che volevamo, un mondo folle e divertente. A livello di scrittura abbiamo cercato di creare due antagonisti: l’amore e il Natale.
Valerio Mastandrea: Se guardate bene c’è una scena in cui a Giallini viene da ridere ed è stata comunque tenuta. Ecco quando ci sono cose di questo tipo è perchè quello era il ciak migliore. Pensate gli altri….
Corrado Guzzanti: Io per esperienza so che se si ride troppo sul set probabilmente stiamo facendo un disastro, ad ogni modo tutti noi abbiamo portato i nostri personaggi oltre la sceneggiatura improvvisando. Il risultato è che ci sono scene corali in cui non c’è un ciak uguale all’altro.

Era previsto fin dall’inizio che le due famiglie fossero interpretate dai medesimi attori?

Francesco Pannofino: All’inizio il progetto non lo prevedeva, è un’idea venuta dopo ed è bella, come fare due film in uno.
Mattia Torre: Inizialmente temevamo fosse una cosa troppo ambiziosa poi invece ci è piaciuto avere l’idea che le famiglie fossero tutte simili e l’idea da compagnia teatrale di un’unico gruppo di attori che regga due atti (e poi avevamo gli attori giusti). L’ultimo timore infine era che iniziare un’altra storia a metà film risultasse faticoso per il pubblico, mentre il medesimo cast in due ruoli dà una continuità che aiuta molto.

L’ordine nel quale incontriamo le due famiglie, prima i campagnoli e poi i ricconi, era quello fin dall’inizio? Non sarebbe mai potuto essere il contrario o in fondo sarebbe stata la stessa cosa?

Luca Vendruscolo: Ad un certo punto ci è venuta la curiosità di scambiarli e vedere i ricchi alle prese con la vigilia invece che con il giorno di Natale, perchè quella ha un suo carattere di artificiosità interessante. Ma in realtà l’ordine è sempre stato questo, una prima notte nel buio e nella foresta a salvare la vita e la seconda nell’agio artificiale della famiglia abbiente. Alla fine è una storia di distacco dalla famiglia, in cui una è quella amata nonostante sia tremenda e l’altra invece è quella intimamente detestata nonostante sia quel tipo di famiglia che ti facilita la vita con il denaro e forse con il supporto. La morale è comunque che bisogna separarsene.

Ci sono personaggi straordinari e sono tantissimi, era un bagaglio che vi portavate dietro? Da dove arrivano?

Luca Vendruscolo: A noi piace inventare personaggi mostruosi e deformi presi dalla realtà. Partono assomigliando a qualcuno che abbiamo incontrato e poi prendono una loro strada autonoma scrivendoli, infine quando sono imbracciati dall’attore diventano altro ancora, più ossessivi. Ovviamente è un rischio affrontare una storia corale e in certe scene rischiavamo di perdere l’orizzonte perchè devi salvaguardare ogni personaggio. Per fortuna non avevamo attori banali, cioè quelli che ti chiedono il primo piano, ma attori strepitosi che si mettono al servizio della storia.

Valerio Mastandrea: Si e c’è anche chi durante una scena di gruppo che inizia alle 7 e mezzo del mattino ha un mestiere tale da capire solo vendendo la posizione della videocamera come sarà l’inquadratura e quindi dove mettersi per avere meno inquadrature possibili così da finire prima degli altri e andare a casa [nel dirlo guarda Giallini ndr]. È stato un esercizio nel riconoscere l’esperienza e portare a casa il risultato senza morire appresso a giovani registi.

La Tuscia in cui è ambientata la storia che riguarda la prima famiglia non sembra la provincia italiana, per costumi e usi pare il Montana…

Mattia Torre: Guarda io amo la Tuscia e ci vivo ma so che non ci potrò più tornare per quanto l’abbiamo presa in giro. Avevo anche insistito perchè non si dicesse mai la parola “Tuscia” ma da qualche parta andava pur ambientato. Dunque sto mettendo le mani avanti con tutto il viterbese dicendo che è una “Tuscia immaginaria”, cosa poi vera. Perchè alla fine quel che ci faceva impazzire era il mondo di boscaioli autoriferiti, con tutta una mitologia propria, gente emersa dalla terra. La metafora iniziale era proprio che ci fossero creature emerse dalla terra nella prima parte e personaggi già morti nella seconda, in entrambi i casi nessuno in grado di ascoltare. Dai Colardo [la famiglia contadina ndr] sarebbe bello fare una serie, inserendoci anche roba metafisica come i fantasmi.
Guzzanti: Si esatto, dal film si intuisce che c’è un background infinito, si intuiscono faide secolari, io ci farei un prequel.
Giacomo Ciarrapico: Corrado in scene improvvisate che non abbiamo potuto mettere nel film ad un certo punto parlava del GRANDE MURO, al di là del quale non c’è nulla e si buttano di sotto animali. Oppure tra le molte cose è uscita anche la storia di questo padre 90enne morendo il quale la famiglia è stata gettata nello scompiglio, un uomo bassissimo di un metro e 20 che riusciva a guardare negli occhi i cinghiali. Ma temevamo che il pubblico del Natale non ci venisse dietro su cose come il grande muro….

Alla fine è un film di Natale a tutti gli effetti quindi?

Mattia Torre: Ci interessava il ritratto di un momento folle dell’anno con due mondi opposti ma entrambi alienati da quello che dovrebbe essere un momento di pace e coesione mentre spesso è foriero di stress come una prova da superare. Ci piace che abbia atmosfere a tratti balcaniche con una pazzia che non sempre si incontra nella commedia, ma non era un preciso obiettivo. È uscita così.

Corrado Guzzanti: A me piace quest’idea di Natale come disgrazia, come in un film di Sam Raimi. Come se si scoprisse che è una festa del demonio, una in cui emergono i conflitti che non si sviluppano nel resto dell’anno mentre lì si sta tutti in una stanza come in L’angelo sterminatore. Poi la trovata formale di avere due attori che ne sfidano 10 i quali rappresentano complessivamente il Natale al suo peggio mi è sembrata molto brillante.

Con in più della sana cattiveria…

Luca Vendruscolo: Si ma la cattiveria c’è da sempre nella comicità, secondo me il punto è non usarla in maniera indiscriminata. Tutti odiamo il buonismo ma io detesto anche il cattivismo, quando tutti i personaggi sono cattivi senza dimostrare una struttura, quando di tutti si parla male almeno un po’. Preferisco la satira di costume, con una visione della vita e degli uomini immersi nella società, focalizzando le cose che trovi sbagliate e metterle alla berlina. La cattiveria consiste solo nel non censurarsi o precensurarsi e di essere un po’ ruvidi, cioè portare pezzettini della spigolosità e dell’insensatezza della vita nel film.
Giacomo Ciarrapico: Ad esempio appena abbiamo visto che potevamo dare addosso ad un tipo di volontariato non sempre disinteressato l’abbiamo fatto

E poi avete sperimentato Cattelan-attore, avete mai avuto dubbi su di lui?

Luca Vendruscolo: Io sono un fan di X-Factor, lo guardo sempre e Alessandro l’ho sempre ammirato
Marco Giallini: Non l’ha mai visto [risate ndr]
Luca Vendruscolo: Poi quando lo abbiamo chiamato gli abbiamo fatto un provino lunghissimo perchè non riuscivamo a credere come fosse naturale, credibile e divertente, eravamo molto spiazzati. In tre mesi l’abbiamo provinato tre volte perchè meno lo vedevamo più ci convincevamo che non faceva per noi
Marco Giallini: Pensavano di sostituirlo con Pippo Baudo
Luca Vendruscolo: Poi gli facevamo un altro provino e ci convinceva
Alessandro Cattelan: Io faccio un altro lavoro ma non ho problemi a rischiare se ne vale la pena. Ovviamente ero fan di Boris qunidi volevo che mi accadesse con loro e ho iniziato le trattative ancora prima che si sapesse il cast, poi per fortuna è andata benissimo.