È veramente stanco Mark Wahlberg. Sono le 14.30 a Roma ma sembra che nella sua testa siano le 5.30 del mattino, come a Los Angeles. Ha appena parlato alla conferenza stampa di Deepwater – Inferno sull’Oceano dando fondo a quelle che forse erano le ultime energie di una giornata palesemente troppo lunga. Ora, alle interviste ristrette, non nasconde una stanchezza contagiosa e faticosa da sostenere anche per chi lo guarda.

L’impressione è che sia stato più facile recitare in questo film, in cui per almeno metà del tempo Wahlberg si trova tra le fiamme (vere!) e in cui tutto accade nella maniera più precipitosa per raccontare l’inferno (sull’oceano) che vissero i lavoratori della piattaforma petrolifera Deepwater, quando per incuria, malfunzionamento e (sostiene il film) bieca logica del profitto da parte della British Petroleum, saltò letteralmente tutto in aria causando il più grande disastro naturale di sempre.

Sarà un’intervista in salita per tutti, per chi deve chiedere qualcosa a Mark Wahlberg con l’obiettivo di ottenere delle risposte e per lui che dovrà riuscire a rimanere sveglio e dire cose sensate.

Il film si sofferma poco sulle cause del disastro e molto sulle conseguenze, volevate gestire il racconto in questa maniera fin dall’inizio?

Sì.

Intendi dire lavorando sul lato umano?

La sceneggiatura l’ho ricevuta e poi aggiornata dopo esserci confrontati con il vero Mike Williams [il protagonista della storia, ndr], così da dare una versione più intima degli eventi, dal suo punto di vista. Era proprio lo studio che voleva fare questo tipo di film, per via di come i media avevano trattato la storia, cioè senza raccontare degli uomini che sono morti o salvati.

Più che altro sembra abbiate girato un film di guerra…

Su quelle piattaforme il lavoro è davvero pericoloso, lo stesso non dovrebbero accadere queste cose. Fu incredibile come reagirono al pericolo e stettero tutti insieme. Pensa che Mike era molto a disagio quando lo chiamavo “eroe” perché ritiene di aver fatto solo il suo lavoro, chiunque su quella piattaforma avrebbe fatto la stessa cosa per lui. Penso sia d’ispirazione il suo coraggio.

Qual è la ricetta per il buon disaster movie?

Noi abbiamo scelto di concentrarci sullo sviluppo dei personaggi e per fortuna lo studio era con noi. Chi erano queste persone? Cosa hanno fatto? Che pericoli hanno affrontato? Credo che più ne sai su di loro, più sei dalla loro parte e vuoi che sopravvivano. Non volevamo solo grande azione e grandi effetti speciali ma soprattutto concentrarci su grandi personaggi con sullo sfondo eventi pazzeschi.

È vero che la British Petroleum non vi ha aiutato per niente?

Saputo il punto di vista del film assolutamente no. Mi sono appoggiato a Mike per tutto quello che dovevo sapere. Lui mi ha spiegato come si faccia il suo lavoro in maniera efficiente, siamo anche andati su una nave scuola dove abbiamo vissuto insieme per un po’, scoprendo di avere tante cose in comune: siamo entrambi padri, stiamo tanto lontani dalla famiglia per lavoro… Credo lui avesse un po’ di senso di colpa per essere sopravvissuto, voleva davvero onorare i caduti.
È stato lui a raccontarci molti dei “segni premonitori” che si vedono nel film e che sono accaduti sul serio, dall’uccello che colpisce l’elicottero alla cravatta magenta, fino alla scenetta in casa in cui simula l’estrazione con la Coca Cola e quella spruzza. Certo magari accadono ogni giorno e poi non c’è nessun disastro eh.

Per quante settimane hai recitato accanto al fuoco?

Troppe! Quando abbiamo iniziato a girare la parte dell’incidente [che occupa tutta la seconda metà del film ndr] si lavorava solo di notte ed era estate, al largo della Louisiana accanto a fuoco e acciaio, un caldo insostenibile. Ma c’è di peggio, cioè quando danno fuoco proprio a te, come mi è capitato per una scena. Quello forse è stato un po’ troppo. Tuttavia per essere il più realistico possibile, devi essere il primo a fare le cose per davvero.
Alla fine basta avere fiducia in chi si occupa degli effetti speciali, devi fidarti che abbiano fatto i loro compiti e in più stare attento al vento. Siamo stati attenti ma con i ritmi rapidi dei set siamo stati comunque fortunati che nessuno si sia fatto male.

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