Lo svedese tranquillo che lavora ad Hollywood, il campione del cinema da una lacrima per ogni sorriso confessa tutto: “Mi piace il cinema ottimista” – “Cerco il sentimentale ma non voglio scadere nel sentimentalismo benchè sappia che spesso mi capita” – “Non tutti i film mi sono riusciti come avrei voluto”, insomma è molto più onesto della media dei registi che si incontrano Lasse Hallstrom, arrivato a Roma per Amore, cucina e curry, il suo ritorno al cinema di cucina&buoni sentimenti dopo il successo mondiale che fu Chocolat. Sembra scontato fargli notare la sua passione per il cibo, eppure non è così:

Mi piace mangiare ma non più che alle altre persone. Mangio quando ho fame. Negli ultimi anni poi sono diventato vegano, ho deciso di smettere di avvelenare il mio corpo con la carne, quindi lotto ogni giorno per rendere buone le verdure

Non sarà un grande appassionato di cibo ma con il rapporto che questo intrattiene con i sentimenti e la memoria ci ha fatto due film, qualcosa avrà capito…

Il cibo parla ai nostri sensi senza passare per l’intelletto, non ha pregiudizi, dunque è un modo chiaro per comunicare. Ad ogni modo è molto difficile trovare ogni volta nuovi modi per riprendere il cibo, perchè ormai è stato fatto tutto

Oltre all’incontro con la stampa Hallstrom è stato anche protagonista di una masterclass ad accesso pubblico. Eravamo presenti in entrambi i casi e abbiamo notato come la calma serafica del regista si accompagni ad una sincerità molto particolare. Non capita infatti spesso che la maniera in cui i registi vedono i propri film somigli a quella in cui il pubblico li vede invece per Hallstrom la cosa più importante

sono i personaggi, le commedie che hanno un che di drammatico ma che cercano di essere sincere con il pubblico. E poi mi piace che nella storia ci sia un po’ di favola. È la maniera più concreta di ricreare la vita vera che è essa stessa divertente, stupida e tragica

Amore Cucina e Curry non era un progetto destinato a lui inizialmente ma una produzione di Steven Spielberg che il regista aveva pensato di dirigere in prima persona “solo che poi è stato preso da altri progetti e sono stato contento che tutto sia passato a me”. Spielberg tuttavia è rimasto produttore e anche molto presente

guardava le riprese di ogni giorno di set sul suo iPad e mi mandava suggerimenti, ha anche passato un paio di giorni in sala di montaggio per sistemare le parti più critiche del film

Non sapremo mai come si siano trovati i due registi, ma sappiamo come Hallstrom ha lavorato per ricreare l’equilibrio su cui si regge tutto il film:

La mia teoria è che se le performance degli attori sono sincere il film verrà bene. Alla fine io sono sempre attirato da storie in cui i personaggi reagiscono in maniere che fanno sì che io mi relazioni a loro, dalle persone svantaggiato che cercano di integrarsi, forse perchè io stesso lo sono. Ad ogni modo è per questo faccio improvvisare molto agli attori, perchè certe cose non si possono scrivere in sceneggiatura

Amore cucina e curry è stato girato sia in uno studio (le cucine) che in location vere, con un grande abuso di CG totalmente invisibile, segno di come riprese reali e ricostruite siano ormai indistinguibili:

Il ristorante indiano l’abbiamo costruito noi e anche la strada, l’edificio dall’altra parte invece, il ristorante francese, è stato messo lì in postproduzione. Gli interni, cioè le cucine, erano in studi di produzione, dunque fuori da ogni finestra c’erano green screen. Ma ormai con i sistemi d’illuminazione moderni e le attrezzature leggere davvero è identico girare in studio o nei posti reali, non fa più differenza, si sceglie quel che è più comodo

Non è invece casuale la scelta dei soggetti. Hallstrom confessa di avere molte difficoltà con i soggetti duri

preferisco le storie ottimiste, amo il romanticismo e battere quel percorso anche se so bene che scadere nel sentimentalismo è molto facile e mi è capitato. La maniera migliore di farlo forse è essere onesti con la recitazione, perchè se è troppo spinta suona fasulla

Un paio di anni fa ha anche realizzato di nuovo un film in Svezia, un poliziesco per nulla ottimista che forse non a caso non è andato bene:

Ero decisamente più interessato alla storia della famiglia coinvolta che alla trama poliziesca e forse per questo non è venuto granchè. Ho anche tagliato 15 minuti per migiorarlo ma nessuno l’ha comprato nella versione corta. Sta ancora sul mio desktop se qualcuno la vuole vedere [ride]”

Nonostante le idee così precise sui toni e la scrittura del film Hallstrom non scrive mai sceneggiature da zero ma “ho bisogno sempre di modificarle, di farle mie. Non so seguire uno script parola per parola, devo darne una mia visione”. Ora invece per la prima volta sta lavorando ad una sceneggiatura da zero “è l’adattamento del libro Boy21 di Matthew Quick l’autore del romanzo da cui è tratto Il lato positivo”.