Il 20 agosto ha debuttato su Netflix l’action thriller Sweet Girl, con star Jason Momoa e Isabela Merced, e il regista Brian Andrew Mendoza ha rivelato qualche dettaglio riguardante il modo in cui è stata costruita l’importante svolta narrativa contenuta nella trama e svelato se è stata valutata la possibilità di realizzare uno spinoff o un sequel del film.

Il filmmaker, di cui potete leggere la prima parte delle sue dichiarazioni qui, ha infatti lodato il lavoro compiuto dall’interprete di Rachel, il cui personaggio ha richiesto un accurato approfondimento psicologico e molta preparazione fisica.

Il film dà spazio al rapporto tra padre e figlia e a tematiche attuali come le conseguenze delle attività delle società farmaceutiche, senza dimenticare le scene d’azione. Trovare l’equilibrio tra tutti gli elementi narrativi è stato complicato? Avete dovuto sacrificare qualche scena durante il montaggio? Rispetto alla sceneggiatura ci siamo ritrovati con più materiale rispetto a quanto fosse realmente necessario. Penso che se avessimo mantenuto tutte le scene presenti sarebbe diventato un film di due ore e trenta minuti, che è una durata un po’ troppo lunga per tutti e non penso sarebbe stata necessaria per raccontare questa storia. Abbiamo tagliato circa un terzo del materiale, tra cui alcune scene dedicate al “Grande Cattivo”. Volevamo trovare quell’equilibrio tra portare avanti la storia dei due protagonisti, il loro racconto, e al tempo stesso creare una forza in opposizione che si abbatte su di loro. Abbiamo dovuto capire di quante informazioni avevano realmente bisogno gli spettatori per capire entrambi i lati della storia. Per fortuna abbiamo avuto un montatore grandioso, Mike McCusker, ed è stato bravissimo nell’eliminare le scene che non contribuivano realmente a portare avanti la storia.

Spesso i progetti targati Netflix hanno un sequel, avete già pensato a un possibile secondo capitolo della storia? C’è sicuramente una possibilità e so che Jason è alla base del progetto, ne fa parte, ma penso che si tratti della storia di Rachel ed è Isabela la vera protagonista. Ha compiuto un lavoro così fenomenale che spero abbia la possibilità di interpretare di nuovo questo personaggio perché penso ci siano molte aree ancora da esplorare della sua storia ed è quello che mi ha realmente attirato di questo script: di solito ci sono queste svolte e i film come questi le propongono negli ultimi cinque minuti e si concludono subito dopo. Questo film  è diverso, e lo è sempre stato fin dal primo script che abbiamo avuto. In Sweet Girl, dopo la rivelazione, c’è ancora l’intero terzo atto del film e amo questo aspetto del progetto perché ci ha permesso di trascorrere del tempo con quel personaggio, con Rachel e di mostrare tutti questi strati del personaggio di cui avevamo gettato le basi in precedenza. Quindi sì, sarebbe grandioso vedere il personaggio continuare la sua storia in un altro progetto.

In che modo hai lavorato con Isabela per portare in vita il personaggio di Rachel e sostenere la svolta che avviene nella storia? Ha compiuto molte ricerche sullo stress post traumatico e mi sono assicurato che stesse rappresentando qualcosa di autentico per il bene della storia, che non sembrasse solo un espediente narrativo o che stessimo ingannando lo spettatore. Si tratta di un elemento davvero emozionante e ha uno scopo nella storia e lei si è totalmente immersa in questa realtà. In tutte le scene di combattimento con Jason e Isabela dovevamo tenere in considerazione che anche quando è lui impegnato in una lotta in realtà si tratta di Rachel, non è realmente Jason, e sono due persone totalmente diverse dal punto di vista delle dimensioni fisiche. In più c’è l’aspetto emotivo e dovevamo prestare attenzione a tutti questi elementi che, a posteriori, si possono rivedere e rendersi conto che in realtà era sempre lei. Ho parlato con Isabela prima delle riprese e semplicemente ha compiuto un lavoro grandioso nell’immergersi nel personaggio e nel portarlo in vita.

Nel film c’è una spettacolare sequenza ambientata a bordo di un’ambulanza, quanto è stato complicato girarla? Abbiamo impiegato molto a preparla, mi sono impegnato molto insieme al responsabile della seconda unità Chris O’Hara e il coordinatore e coreografo degli stunt Jon Valera. Quella scena è il frutto del lavoro di un vero team. Abbiamo potuto girarla nella vera location, quindi abbiamo realmente ribaltato un’ambulanza nel centro di Pittsburgh, e sono ancora sconvolto dal fatto di aver avuto quell’opportunità in una città come quella. Ci vuole molta preparazione, abbiamo iniziato a lavorarci mesi prima dei ciak in modo da sapere esattamente cosa avremmo fatto. E poi abbiamo messo in pratica tutto il lavoro e il risultato è stato fantastico.

Sweet Girl è il tuo esordio alla regia di un lungometraggio, quale è stato il momento più complicato delle riprese? Uno degli elementi più difficili della mia esperienza è legato al fatto che mia moglie ha dato alla luce nostro figlio una settimana prima dell’inizio delle riprese e mi è dispiaciuto non poter essere presente come avrei voluto pur essendo felice e soddisfatto dall’opportunità di poter dirigere il mio primo lungometraggio. Poi durante le riprese è stato tutto comunque un po’ complicato perché era il mio primo film ed è un progetto davvero ambizioso e impegnativo, basta pensare alle scene dell’ambulanza, gestire tutte le comparse, bloccare un intero ponte, far esplodere una macchina… Ci sono così tanti diversi aspetti del lavoro che dovevo compiere che sono stati davvero complicati, ma sono delle sfide che ho affrontato con piacere. Ho amato lo script proprio perché mi piace affrontare delle sfide ed è stata un’esperienza davvero grandiosa, anche se molto complicata.

La rivelazione compiuta nel film obbliga gli spettatori a riconsiderare tutto quello che hanno visto fino a quel momento. Avete girato le scene in ordine cronologico? Abbiamo girato le scene senza seguire l’ordine cronlogico principalmente perché stava per iniziare l’inverno e sapevamo che nei luoghi che abbiamo scelto sarebbe stato davvero freddo, quindi ci siamo assicurati che in quel periodo avremmo potuto lavorare solo all’interno di uno studio in modo da non uccidere noi stessi e la troupe! Ma abbiamo lavorato davvero duramente per poter inserire nel film tanti indizi legati alla svolta in modo che le persone possano rendersi conto di quanto sta accadendo nel corso del film, o tornare indietro e notarli, e rendersi conto che c’è stato un lavoro meticoloso e non si è trattato semplicemente di trucco, volevamo che quell’elemento avesse un vero valore.

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