Il regista Timo Vuorensola è ritornato nel mondo, spettacolare e un po’ folle, di Iron Sky con il sequel The Coming Race, presentato in anteprima italiana al Trieste Science+Fiction Festival 2019.

Il filmmaker, in occasione della presentazione di questo nuovo capitolo della storia che coinvolge anche una razza di rettili umanoidi mutaforma e Hitler, ha parlato della creazione del lungometraggio e delle difficoltà affrontate nel realizzare un progetto a basso budget senza sacrificare la spettacolarità e il divertimento degli spettatori.

Il sequel non riprende gli eventi immediatamente dal momento in cui si erano interrotti. Come hai sviluppato l’idea alla base di Iron Sky: The Coming Race?
Avevo inizialmente in mente qualche idea: per prima cosa volevo avere degli eroi nuovi da affiancare ad alcuni personaggi del primo film e poi far trascorrere un po’ di tempo da quanto raccontato in Iron Sky, in modo da poter mostrare una società diversa, oltre ad allontanarmi dai nazisti sulla Luna che erano l’espediente narrativo del capitolo precedente, introducendo così un mondo nuovo. Quindi era necessario far trascorrere del tempo, circa 25-30 anni, ma avevo già in mente questa storia nel caso in cui avessi realizzato un sequel perché gli elementi legati al centro della Terra sono alla base di molti progetti di fantascienza da lungo tempo.

Nel film sono presenti molte figure storiche, persino Steve Jobs… hai avuto totale libertà creativa o in certi casi ti sei limitato nella rappresentazione di figure realmente esistenti?
Ho avuto incredibilmente libertà creativa e in certi casi sono stato un po’ critico nei confronti di me stesso, in particolare con le figure religiose perché avevo pensato di mostrare Gesù e Maometto come personaggi. Ho iniziato a pensarci e non servivano realmente allo scopo, non erano essenziali, così ho trasformato la presenza dei personaggi legati alla religione. Per la maggior parte ho però avuto una grande libertà e l’unico problema è stato quello di limitare me stesso perché non potevo avere tutto nel film.

Limitando te stesso hai dovuto anche tagliare delle scene già girate perché hai pensato fossero eccessive?
C’era una scena, che era davvero bella in realtà, e ideata come una sequenza musicale con le persone che cantavano e funzionava davvero bene. Non si adattava però al contesto del film. Già nella fase di script sembrava un po’ a parte, ma mi piaceva realmente. Dopo averla girata mi sono reso però conto che non aveva senso includerla, magari nella versione director’s cut.

Hai avuto idee durante la realizzazione di questi due primi film che hai preferito tenere per un eventuale sequel futuro?
Ho già pensato a un possibile Iron Sky 3 e avevo degli elementi, come i russi e Stalin, che non ho sfruttato nel migliore dei modi e che potrei esplorare di più in futuro. Sono comunque progetti che si evolvono naturalmente e nel corso del tempo, cerco di non pensarci troppo in anticipo.

Come è stato lavorare con un’icona del cinema come Udo Kier? Ha collaborato alla creazione del suo personaggio o ha seguito solo lo script?
Nelle prime fasi della creazione del film sono andato da lui per parlare dei personaggi e della storia. Lui aveva già delle idee precise, sapeva quello che voleva vedere. Abbiamo sviluppato lo script collaborando e Udo ama proporre le proprie idee sul set, anche qualcosa di veramente ridicolo. Interpreta Hitler e lui è venuto da me e ha detto: ‘Timo, voglio avere un cane come aveva Hitler!’ Io ho risposto: ‘Sarà impossibile sul set, con gli animali è difficile lavorare…’ Ma lui ha replicato: ‘No, no! Non un vero cane, deve essere di pezza e deve avere delle ruote e lo porterò con me come giocattolo’. Questo è il tipo di idee che ha in modo naturale e penso che sia necessario afferrarle e inserirle nel film il più possibile.

La reazione degli spettatori è come ti aspettavi o in qualche caso ti ha sorpreso?
Per me è un po’ difficile da dire perché non guardo il film in sala, solo alla première. Non amo guardarli con gli spettatori presenti perché non posso più cambiare il film e temo un po’ le loro aspettative. Sono però consapevole che in base alle nazioni cambia un po’, è un aspetto legato alla cultura perché alcune nazionalità colgono certe battute in modo diverso e immediatamente, altre no. Per me però è quasi un mistero perché non voglio assistere alle proiezioni.

Al centro della trama c’è un personaggio femminile molto determinato e forte, a cosa ti sei ispirato nella sua creazione?
Tutti i miei film sono ispirati ad altre opere e sono in un certo senso una parodia del genere sci-fi, prendo gli elementi da tutti quelli che ho visto e ci creo delle scene per divertirmi un po’, ironizzare. Con il personaggio affidato a Lara Rossi si è trattato di creare totalmente l’opposto rispetto all’eroina del primo film in cui c’era questa presenza un po’ insicura, che non sa molto di quanto sta accadendo, un po’ persa nel mondo nazista e che crede in parte nell’ideologia, fa in un certo senso parte dei meccanismi che esistono nella società e solo dopo scopre la verità. In questo caso ho voluto portare in scena sua figlia, rendendola quindi molto diversa e il personaggio è stato sviluppato così naturalmente, mostrando qualcuno che non sta ferma ad aspettare, entra in azione, fa sempre le cose a proprio modo…

Dal punto di vista della post-produzione, considerando il gran numero di scene spettacolari, quale è stata la sfida più grande da superare?
Mantenere l’aspetto visivo il più possibile meraviglioso, pur dovendo fare i conti con i limiti del budget. Con un film così, se venisse realizzato a Hollywood, si spenderebbero centinaia di milioni di dollari e non avevamo di sicuro quelle cifre! Cercare di capire i modi per poterlo realizzare con una cifra limitata pur facendolo sembrare spettacolare è sempre complicato, si deve gestire la realizzazione delle scene mantenendo però intatta la storia che si vuole raccontare. Se devo pensare a un elemento solo direi sicuramente i dinosauri! In particolare c’è una scena d’azione che li coinvolge e da realizzare è assolutamente folle e complicata perché devi girare da vari angoli, devi considerare ogni aspetto della scena da realizzare separatamente e poi devi occuparti degli stunt, immaginare come si muovono i dinosauri, devi assicurarti che non ci siano in scena elementi che potrebbero creare problemi in post-produzione… Abbiamo iniziato a pianificare quella sequenza molti mesi prima dell’inizio del lavoro sul set, chiedendoci come realizzarla.

Quanto tempo avete impiegato per realizzare il film?
Si tratta di una domanda interessante perché una parte importante del girare un film come questo e richiede il tempo più lungo è trovare i finanziamenti. Se si esclude quel periodo dal momento in cui abbiamo finito lo script alle riprese si è trattato di un anno di produzione e uno in post-produzione, due anni in totale. Si deve appunto però aggiungere tutto il tempo trascorso ad aspettare di ottenere il budget necessario, abbiamo perso un finanziatore, abbiamo dovuto trovare altre persone interessate…

Iron Sky ha il potenziale di dare vita a un franchise in grado di espandersi con serie tv, fumetti, videogame… come state lavorando su questo aspetto?
Abbiamo già realizzato qualcosa di simile in occasione del primo film e abbiamo scoperto che è davvero complicato creare dei contenuti di qualità che facciano parte del franchise perché siamo solo un gruppo di persone in Finlandia, non abbiamo un esercito di persone che possono impiegare il proprio tempo per sviluppare questi progetti. Le idee ci sono, ma ci vorrà molto tempo non avendo un sostegno in stile hollywoodiano.

A livello internazionale riuscite a distribuire il film o è ancora complicato?
Si tratta di qualcosa di estremamente difficile perché il settore sta cambiando davvero molto, è diverso rispetto agli anni in cui abbiamo girato il primo Iron Sky perché all’epoca eravamo riusciti ad avere una distribuzione nelle sale. Ora, rispetto al 2012, tutto il campo si è trasformato con Netflix, le piattaforme di streaming, i film Marvel che hanno preso un’enorme fetta del mercato, la Disney che ha ora il controllo di tantissimi marchi. Siamo in competizione con questi colossi perché puntiamo agli stessi spettatori, non siamo un film d’autore, destinato alle sale d’essai… Puntiamo allo stesso target ed è davvero difficile ottenerne l’attenzione, è complicato davvero trovare una distribuzione perché è costoso persino far proiettare il film nelle sale e ottenerne un guadagno. Abbiamo molti fan e siamo conosciuti online, ma ora è davvero più complicato portare nelle sale dei film indipendenti sci-fi, ci sono altri modi per mostrare le nostre opere, ma come filmmaker vorrei che arrivassero nelle sale perché ho trascorso molti anni pensando a come saranno sul grande schermo, con l’audio giusto… Ed è qualcosa che non si ha con Netflix perché le persone guardano i contenuti tramite il cellulare, è il modo in cui mio figlio guarda i film e gli dico sempre ‘Dai, hanno investito milioni di dollari, impiegato tanto tempo e tu lo guardi su uno schermo minuscolo!’. Mi uccide vederlo fare così, ma purtroppo ora è così che si vedono i contenuti!

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