Il nominato all’Oscar per Milk, è forse l’attore che emerge maggiormente insieme a Jason Clarke nel corale Everest diretto da Baltasar Kormákur. Il suo texano Beck Weathers fu uno dei pochi sopravvissuti della sfortunata spedizione del 1996 ricreata nel film di Kormákur. Ecco il nostro incontro con Josh Brolin coprotagonista della pellicola di apertura della 72esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. L’attore americano è apparso in forma smagliante e con una contagiosa voglia di scherzare. Il film uscirà nelle nostre sale il 24 settembre.

***

Qual è l’esperienza più pericolosa che ha avuto sul set?
John Hawkes (collega nel cast nel ruolo di Doug Hansen, N.d.R.). Un essere umano molto coinvolgente e a tratti inquietante (ride, N.d.R.). La cosa più spaventosa è stata la preparazione al film e l’atteggiamento del regista. E’ un film hollywoodiano ma con un lato di realismo superiore alla media. Kormákur è sempre stato chiarissimo da questo punto di vista. Quello che mi ha sorpreso di più di tutta l’esperienza è stato scoprire che era più pericoloso recitare in studio che non, paradossalmente, in esterni. La montagna era più pericolosa quando era ricostruita sul set rispetto alle giornate passate sulle Dolomiti in Italia.

Lei scala?
Io e la mia fidanzata abbiamo scalato Mount Chester in Canada e altre vette piuttosto toste. Sono arrivato sul set in una forma smagliante e quando ho visto gente che fumava e beveva vino ho pensato… che non tutti stavamo affrontando le riprese… con la stessa tecnica! E’ stato veramente surreale. Evidentemente avevo preso il film un po’ troppo sul serio.

Che cosa pensa del suo personaggio? Sembra uno sbruffone ma in realtà pare nascondere lati più complessi. E’ così?
Decisamente. Ho sempre pensato che fosse interessante presentare un personaggio in un certo modo e poi lanciare allo spettatore delle idee completamente diverse rispetto agli indizi iniziali. Quando l’ho incontrato lui si è presentato in un certo modo piuttosto strafottente, da vero texano. Mi ha raccontato la storia come l’aveva raccontata già un milione di volte precedentemente. Abbiamo bevuto del whiskey e io ho cercato di deviare il discorso scoprendo di Beck dei lati più vulnerabili e inusuali. Ero molto curioso di conoscere qualcuno che era sopravvissuto a un’avventura così incredibile. Ci siamo discostati dalla realtà per quanto riguarda la perdita delle mani perché in realtà Beck aveva tutto il braccio congelato quando tornò al campo e non solo le mani. Ci siamo però resi conto che se avessi recitato le scene finali con tutto il braccio immobilizzato… sarebbe risultato troppo ridicolo.

Lei ha mai vissuto qualcosa di simile?
Assolutamente no. E’ il motivo per cui abbiamo fatto un film così! Non si spendono 65 milioni di dollari per fare qualcosa che è stato vissuto da tutti.

Qualche critica su questo fenomeno dello scalatore amatoriale che paga tanti soldi per raggiungere vette ambite come quella dell’Everest?
Dico che ci vogliono le palle per fare un film così originale su questo tipo di ambiente mai rappresentato prima al cinema in un film hollywoodiano. Scalare è diventato molto commerciale e quando porti un giornalista con te rischi che tutto si tramuti in uno show. Cosa penso di una persona che paga 65 mila dollari per scalare l’Everest? In sé… non è un’azione che mi sento di dover biasimare. De gustibus. Io non lo farei mai ma… c’è chi lo vuole fare. Non mi sento di giudicare negativamente chi lo vuole fare.

Ha saputo se Beck ha visto il film? Ha saputo il suo giudizio sulla sua prova?
Ho interpretato nella mia carriera troppo persone vere per essere interessato a cosa pensa Beck della mia prova recitativa. Oliver Stone mi raccontò che incontrò Bill Clinton in Cina il quale gli disse che aveva dato un dvd di W. (2008) a George Bush Junior. Oliver chiese a Clinton se Bush l’aveva visto e cosa ne pensasse e Clinton gli racconto che Bush gli disse: “L’ho trovato troppo amaro”. Quando feci Men in Black II (2002) non ho mai chiesto a Tommy Lee Jones se gli era piaciuta la voce che avevo creato per interpretare la sua parte da giovane. Il vero Beck ha una voce molto sottile e acuta che non mi sono sentito di riprodurre fedelmente perché non pensavo che il mio corpo e quella voce… risultassero organici. Comunque no… non ho saputo da Beck cosa pensa della mia prova.

Perché secondo lei Beck assunse questi rischi?
Non lo so. Secondo me non lo sa nemmeno lui. Il mio Beck spesso scuote la testa in modo inconscio anche quando vuole affermare perentoriamente una cosa. Era un depresso… questo lo sappiamo. Ma quando cominciò a scalare… risultò sorprendentemente molto, molto, molto bravo…  un po’ come John Hawkes tra noi del cast.

Sono state pericolose le riprese?
Spesso ci piace di re di sì ma devo sincero con voi: non troppo. Abbiamo subito due piccole valanghe nelle Dolomiti… ma niente di più.

Visto che era uno degli attori più esperti sul set, ha cercato di fare da chioccia al gruppo?
Sì. Cercavo sempre di fare gruppo. Ero caloroso con tutti e quando notavo un calo di concentrazione ricordavo a tutti che Jan (la vedova dello scalatore Rob Hall interpretato da Jason Clarke, N.d.R.) avrebbe visto il film e che quindi dovevamo fare un ottimo lavoro per onorare la memoria di suo marito.

SPECIALE FESTIVAL DI VENEZIA

Classifiche consigliate