Durante la View Conference, l’evento italiano sul cinema d’animazione e sugli effetti speciali che in questi giorni si sta svolgendo a Torino, abbiamo avuto l’onore di incontrare Michael Kurinsky, Production Designer della Sony Pictures Animation.

Dopo aver seguito il suo panel di presentazione intitolato “L’Arte della Colorazione del ColorScript: Ogni Immagine Racconta una Storia” ricco di immagini, storyboard e contenuti inediti inerenti al film e alla sua carriera, siamo riusciti a intervistarlo in esclusiva.

 

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D: Hai ereditati il bagaglio artistico del primo film, Hotel Transylvania. Quanto ti ha limitato o aiutato nel tuo lavoro per il secondo capitolo?
R: Mmh, non lo definirei tanto un bagaglio, nel senso, non un peso. Piuttosto è stato qualcosa di molto utile da cui partire. Le responsabilità erano tante ma ho cercato di prenderlo come un gioco per avere l’approccio migliore e non snaturare nulla, anzi, aggiungere qualcosa, qualcosa di assolutamente credibile. Quindi è stato mi d’aiuto che d’ostacolo.

D: Hai detto di aver avuto molta paura e ansia nella realizzazione dei vestiti, soprattutto di quelli per il matrimonio. Dovevano essere credibili ma pur sempre per mostri. Ti sei ispirato a qualcosa? Un film, un modello o uno stilista in particolare?
R: Più che ispirato a qualcosa ho dovuto capire da dove cominciare cominciare… e ho capito che tutto doveva girare intorno alla forma del corpo dei personaggi più che ai tessuti o ad altro. Una volta capito come volevo realizzare gli abiti, la forma, c’erano delle mie collaboratrici che mi aiutavano nei tessuti, nella loro realizzazione per renderli credibili. Per esempio con l’abito da sposa di Mavis (che ha apprezzato anche mia figlia).

D: Nella tua conferenza di presentazione era presente una frase simbolica “qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo”, in riferimento ai due Hotel Transylvania. Quanto influisce questo concetto nei Sony Animation Studios che, per esempio, son più giovani dei Walt Disney Animation Studios dove hai cominciato a lavorare? Qual è il loro motto?
R: Non molto. Gli studi sono molto giovani e non c’è un motto dietro, a essere sinceri. C’è massima libertà, però. Non è che ognuno fa ciò che vuole, semplicemente non ci limitiamo a seguire delle linee guida da un film all’altro. Piovono Polpette è diverso da Hotel Transylvania o Surf’s Up. Dicendo quello mi riferivo al rispetto che ho avuto del materiale uscito dal primo film e ai dettagli, alle innovazioni, che ho apportato per mostrare al pubblico qualcosa di familiare ma di nuovo.

D: Quanto ha influito Dzenndi Tartakovskij sul tuo lavoro?
R: Moltissimo, ahah! Lui è una persona incredibile e oltre a essere un grande regista ha una cultura spropositata, sia sul cinema d’animazione che sul resto di questo mondo. Spesso mi consiglia film da vedere per nuove ispirazioni e per stimolarmi. Lui è un grande artista. Inoltre, quando non arriviamo a ciò che vuole, ci fa qualche bozzetto e noi lo rielaboriamo. Ci aiuta.

D: E invece quanto pensi che il Box-Office e il Merchandising possano influenzare il tuo lavoro e i film dello studio?
R: Tantissimo. Non tanto il merchandising, visto che oltre i costumi di Halloween non esiste altro di Hotel Transylvania, quanto il Box-Office. Se il film va e ci sono idee si sviluppa anche un secondo capitolo. Per Piovono Polpette, per questo film, per i Puffi è avvenuto. …comunque, un giorno, mi piacerebbe vedere anche delle bambole o delle action figure di questi personaggi. Ma solo se ben realizzate.

Poco dopo abbiamo partecipato anche a una roundtable con Michael. Ecco gli aspetti interessanti emersi dall’incontro:

D: Vista la tua passione per l’animazione tradizionale… non ti piacerebbe lavorare solo con quella tecnica e non realizzare immagini in 2D per poi farle riconvertire in 3D, come è accaduto per Hotel Transylvania 2?
R: La gente ama il 3D, adora il moderno. A me piacerebbe lavorare in 2D ma il pubblico non lo permette. E il Box-Office parla. Tuttavia è in fase di realizzazione una serie TV dedicata a Hotel Transylvania totalmente in animazione tradizionale.

D: Come avete fatto a tenere ancora separati il mondo umano da quello dei mostri, nonostante il cammino d’unione che nel corso dei film si proclama?
R: Il mondo degli umani e quello dei mostri, nonostante nel film si vede che cominciano ad unirsi, sono effettivamente davvero diversi, soprattutto per i colori e il desing. In quello dei mostri abbiamo usato colori forti, saturi e forme stravaganti. Prendevamo ciò che era normale e lo elaboravamo in modo credibile, riconoscibile ma mostruoso, per divertire. Il mondo reale, invece, ha una scala e dei personaggi totalmente opposti. Sono noiosi, grigi, normali.

D: Hai lavorato sia per i Walt Disney Animation Studios che per i Sony Animation Studios. Quali sono le differenze sostanziali, oltre il tuo ruolo (nei primi Background Artist, nei secondi Production Designer Supervisor)?
R: I Sony Animation Studios danno molta più libertà. Ho amato lavorare per i Walt Disney Animation Studios ma facevo una sola cosa e continuavo a fare solo quello, lavoro dopo lavoro, perchè si è in tantissimi. Non si può variare. E in più loro lavorano molto in 2D e ogni singola immagine richiede un layout. Ai Sony Animation Studios, invece, no. Usano più il 3D. E ho cambiato più volte il mio ruolo, facendo molta esperienza e imparando sul background, per esempio, ma anche sull’animazione dei personaggi. Potevo fare tutto.

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