La conferenza stampa di To Rome with love mette insieme Alec Baldwin, Jesse Eisenberg, Woody Allen, Penelope Cruz e Roberto Benigni. Dev’essere stato un incubo decidere le posizioni davanti ai fotografi e l’ordine d’importanza.

La sorpresa più grossa però arriva subito, all’inizio e non da Woody Allen. E’ Giampaolo Letta, di Medusa (che ha coprodotto il film) a raccontare come sia stata proprio la sua società, incontrando il regista sul set di Midnight in Paris e poi nuovamente a New York, a convincerlo a venire a girare a Roma. Non è un caso quindi che To Rome with love esca in ben 600 sale.

Nell’idea di Allen le diverse città che ha girato ultimamente non sono poi così diverse:

New York, Londra, Parigi, Barcellona e Roma sono molto simili tra di loro, hanno un brodo culturale e una facilità nel generare storie che si somigliano. Non potrei mai girare in una zona rurale o nel deserto ma in queste città c’è un’energia data dalla facilità di vivere che mi ispira.

E’ una conferenza all’insegna della celebrazione di Woody Allen, è chiaro, comincia Benigni con i salamelecchi di rito, lo paragona alle grandissime celebrità del novecento che stanno in Midnight in Paris e dice una cosa verissima:

L’unico che io conosca che riesce ad unire Groucho Marx e Ingmar Bergman, io non lo so come fa!

Chiaramente è difficile far dire qualcosa di serio a Benigni, che scherza a tutto campo, afferma di essere stato preso solo per la propria bellezza e di aver accettato subito perché gli piaceva il nome del suo personaggio, poi sul set ha scoperto chi era il regista.

Jesse Eisenberg invece definisce Allen “il più grande entertainer del cinema” e Penelope Cruz fa una lunga tirata su come sia stato prezioso poterlo stare a sentire.

Woody stesso invece, interrogato sui riferimenti a Lo Sceicco Bianco (nell’episodio con Antonio Albanese) dà la risposta di rito:

Ammiro così tanto il cinema italiano da averlo dentro, ne sono stato influenzato tantissimo, non ho citato nulla volontariamente ma di sicuro qualcosa c’è.

E’ però sulla questione del nuovo film ambientato a Copenhagen che arriva una notizia:

E’ un mito, davvero non so da dove esca, non ho mai parlato con nessuno da Copenhagen.

Vero o falso che sia, i rumour dicevano che era stata Letty Aronson a incontrare i produttori danesi. Quando è il turno della domanda che in molti attendevano, quella sugli stereotipi e sul fatto che quella Roma del film non somiglia a quella vera, Woody Allen ha la sua risposta pronta:

Quando vado in un posto a girare ne dò la mia impressione, parlo delle cose che mi colpiscono e che mi stimolano storie. Non so cose precise su Roma, non ne conosco gli anfratti o la politica, volevo fare un film ambientato a Roma che fosse divertente e d’intrattenimento, non ne so abbastanza da poter insegnare alcunchè a nessuno e non ne ho intenzione.

Sulla questione del doppiaggio Woody si pronuncia decisamente contro: "Davvero non mi piace, è strano e dà un effetto respingente”, detto questo ammette di non essere abituato e sa bene che in molti paesi europei le persone non sono disposte a leggere i sottotitoli e vogliono il film doppiato. In più aggiunge:

Non posso poi non considerare che l’incredibile doppiatore, ora morto [Oreste Lionello, ndr], che mi ha doppiato per anni qui in Italia è stata la persona che mi ha reso popolare. La gente qui mi conosce solo con quella voce, sono stato fortunato ad aver avuto un doppiatore così bravo, forse non sarei così famoso se avessero sentito la mia voce. Gliene sono davvero molto molto grato.

Qualcuno tra i giornalisti è turbato dal narratore di fantasia interpretato da Alec Baldwin. Anche in questo caso Allen dà la risposta che gli si vorrebbe sentir dire:

Non so dirti cosa sia il personaggio di Alec, se un fantasma, un ricordo del personaggio di Jesse Eisenberg o forse semplicemente quel ragazzo da vecchio. Mi sembrava una cosa buona da fare, non mi sono fermato a pensare esattamente chi o cosa fosse.

Impossibile per Baldwin non sfruttare l’occasione per una battuta:

Devo confessare che ho letto male lo script fin dall’inizio. Ero sicuro di dover interpretare l’uomo nell’hotel [in realtà è Alessandro Tiberi ndr], quello che fa l’amore con Penelope Cruz e così ho subito detto di sì. Solo dopo mi sono reso conto dell’errore.

For fans only, la chicca alleniana (cioè pessimista) della giornata, arriva alla domanda su come mai sia così prolifico:

Fare film mi distrae, sono alle prese con problemi che posso risolvere e se non ce la faccio non è poi un dramma così grande, al massimo faccio solo un brutto film. Questo mi svaga dai veri grandi problemi della vita. Se non facessi film starei a casa, seduto ad arrovellarmi su quanto la vita sia terribile.