Non ci sono dubbi sulle intenzioni di Igort: 5 è il numero perfetto ha dei riferimenti molto chiari e del resto sembra proprio fatto anche per esporre le passioni e i gusti in fatto di cinema del suo autore (che non è mai il massimo). I suoi modelli sono i noir classici a metà tra quelli del cinema e quelli dei fumetti (da cui proviene) i colori sono quelli della carta, l’uso dello scenario pure (Napoli pescata benissimo in quasi ogni inquadratura, specie in un inizio che pare strappato ad un fumetto e trasposto come dovrebbe essere sempre fatto), mentre personaggi e svolgimenti appartengono più al cinema, perché è la storia di un killer della mala uscito dal giro ma costretto a tornare in attività per via di un torto subito. L’impostazione è così giusta che il film già dalle prime scene si posiziona esattamente dove vuole stare.

I problemi vengono dopo. Dopo una sparatoria tutta bagliori nel buio come in Brother di Takeshi Kitano (brutto presagio, anche quello era un film pieno di pro...