La recensione di Alla vita, in uscita in sala dal 16 giugno

Sceneggiatori francesi e un regista francese hanno girato un film pienamente italiano nella produzione e nella concezione, uno tradizionale e molto ancorato a ciò che più di tutto produciamo: storie di riconquista di un’autenticità perduta, nel sud Italia. In questo caso si parla delle classiche due solitudini che si incontrano, due personaggi paralleli da manuale di sceneggiatura che in modi diversi sono intrappolati da regole da cui desiderano fuggire se solo ne avessero il coraggio. 

Lui è il figlio di una famiglia di coltivatori di cedri che li ha sempre venduti ad una comunità di ebrei ortodossi e continua a farlo, rispettando le regole impartite dalle generazioni precedenti. Ha rinunciato a tutto, ad una vita a Roma e anche alla famiglia, per continuare la tradizione. Lei viene dalla comunità ortodossa ed è prigioniera in una religione in cui non crede più, almeno non così tanto da rispettarne i dettami ortodossi. ...