Antlers, la recensione

Ci sono registi che si misurano in tutti i generi perché possiedono una creatività incontenibile e perché la lingua per immagini attraverso la quale si esprimono è molto più forte delle singole convenzioni dei generi, così rimangono loro stessi in una commedia, in un horror e in un western. Dall’altra parte ci sono registi in costante ricerca di un’identità, per i quali misurarsi con più generi è una maniera di crearsi un’immagine da mestieranti che gli consenta di non precludersi nessuna possibilità di lavorare o magari trovare il tipo di film in cui riuscire meglio. Scott Cooper sembra appartenere a questa seconda categoria, perché ogni film che affronta il suo tocco si perde e sembra inseguire lo stile di moda più che una propria visione. È stato così per Crazy Heart, per Il fuoco della vendetta e per il terribile Black Mass, ed è così per il suo primo horror d’autore, Antlers.

L’idea è la più scontata di questi anni, cioè trasformare una storia che 40 anni fa...