Sorvoleremo ora sull’opportunità o meno di rifare un film uscito poco meno di 20 anni fa la cui caratteristica principale era l’unica cosa che non si può replicare: l’effetto sorpresa. Molto dell’effetto della fama e del successo di The Blair Witch Project era cioè dovuto alla maniera astuta in cui la promozione si è mossa tra inganno e realismo, simulando di essere un vero video amatoriale ritrovato, così traducendo la paura di finzione in paura vera. Inutile discutere questa decisione perché ormai Blair Witch (senza progetto) è tra noi, remake che in realtà è un sequel e segue l’avventura del fratello della protagonista del primo film, sulle sue orme per ritrovarla 20 anni dopo. Un film uguale nelle premesse e nella struttura ma ambientato dopo.

Il punto di interesse maggiore del film tuttavia è un altro, non tanto quel che si possa ancora fare con il genere horror found footage, ma quello che può fare con una storia simile, una di paura sovrannaturale, Adam Wingard, piccolo maestro ...