Citizen K passa in rassegna la storia della Russia moderna tramite la storia di Mikhail Khodorkovsky un ex oligarca, uno dei 7 originali, che ha passato dieci anni in carcere nel suo paese perché si era opposto a Putin e perché, a differenza di altri, non è mai fuggito dalla Russia (“Non valuto la mia vita più importante della mia dignità”). Fu scarcerato assieme ad altri prigionieri come parte dei gesti di distensione in occasione delle olimpiadi di Sochi e adesso, da Londra, guida una società che fa pressione per il cambiamento politico in Russia. Per rovesciare Putin che proprio lui contribuì a mettere in quella posizione dopo la fine di Eltsin, per evitare il ritorno del comunismo.
La ricostruzione è ricca e precisa, appassionante nell’incalzare di fatti e nella minuzia delle immagini che Gibney trova, le foto e i video tra il ridicolo e lo stupefacente. Ancora una volta Citizen K è il manuale di come si racconta qualcosa, diversamente dal solito è privo di livelli di lettura ulteriori rispetto al più immediato, quello dei fatti. Un problema non da poco quando nel finale il film continua ad indugiare per 30 minuti sul Khodorkovsky per trovare altri aspetti che non arrivano, per trovare una prospettiva più ampia del presente che non trova.
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