C’mon C’mon, la recensione | Roma 16

Poche cose sono più pretestuose del bianco e nero di C’mon C’mon. Forse solo la maniera in cui Mike Mills inquadra Chicago prima e New York poi, due metropoli in cui si svolge la vita di uno zio e un nipote. Il primo è un adulto che realizza inchieste audio, raccoglie voce di giovani sul futuro, il secondo un bambino che gli viene affidato temporaneamente perché il padre è molto malato e la madre deve accudirlo. I due si conoscono ma lo zio non ha pratica di bambini, di fatto il loro rapporto deve costruirsi da zero in quel contesto strano ed entrambi hanno bisogno dell’altro. Come mai questa storia sia filmata in bianco e nero rimane un mistero anche a film finito. Almeno la claustrofobica città di palazzoni schiacciati sui personaggi ha un senso quando, nella terza parte, i due vanno a New Orleans, e allora come per le 4 stagioni, c’è una rinascita in un contesto più arioso in aperto contrasto con i primi. O almeno in teoria. Perché tu...