La nostra recensione di Daliland, presentato al Torino Film Festival

Quattro anni dopo Charlie Says, la cerchia di persone intorno a una figura carismatica è nuovamente il centro di un film di Mary Harron. Salvador Dalì non è certo Charles Manson, ma attira intorno una folla simile, o forse ancora più grande, creando una vera e propria corte, la Daliland del titolo. Qui si organizzano feste sfrenate che, complici l’ambientazione newyorkese e le tante donne al suo fianco, fanno apparire il celebre artista (Ben Kingsley) molto simile a un Grande Gatsby. Così come il protagonista e punto di vista sulla storia, James (Christopher Briney), è un po’ un Nick Carraway, giovane che arriva in un mondo nuovo che lo travolge e lo cattura, fino a quando non imparerà a riconoscerne i lati più oscuri. Siamo nel 1973, quando il pittore spagnolo, ormai anziano e affermato, vive nella metropoli statunitense e sta preparando una grande mostra. Preoccupati che non riesca a terminare le opere ...