Evolution, la recensione | Cannes 74

Nonostante fino ad ora Kornel Mundruczo abbia dimostrato di non saper pensare in piccolo, di voler fare film grandissimi anche quando ha pochi mezzi, di raccontare storie di fantascienza in Ungheria o di cani che si ribellano e poi andare a lavorare con le star, stavolta ha realizzato un film stranamente piccolo e dimesso ma non per questo meno potente. Assieme alla moglie Kata Weber (che sceneggia) ha messo insieme tre storie separate temporalmente ma collegate sottilmente, tre storie di ebraismo contemporaneo, di questioni irrisolte, problemi e contrasti che riguardano gli ebrei.

La prima è la più astratta: una sequenza muta, senza parole, in quello che sembra un campo di prigionia, dove alcuni uomini puliscono un locale docce trovando tracce di capelli sempre più grandi e paradossali, capelli che escono dalle pareti, capelli che quando tirati via staccano parti dei muri. Eccezionale per inquietudine e rimando di sponda agli orrori e la presenza u...