Sembrava un sicuro successo: unire i due belli del cinema italiano in un film in cui interpretino “i belli”, in cui siano fratelli, in cui l’uno insegni all’altro a rimorchiare. Un colpo facile facile che magari poteva anche dar vita ad una commedia di respiro un po’ più internazionale.
Invece il problema di Fratelli Unici è che su quel canovaccio eterno che è la perdita di memoria di un personaggio e la sua rieducazione alla vita (soprattutto sentimentale) viene girato un film che non costruisce nulla ma presenta solo i risultati finali. Non vediamo lente trasformazioni, non vediamo il nascere di una motivazione, non conquistiamo da soli la fiducia o sfiducia in un personaggio. Ogni cosa accade come se non avesse motivazioni o al massimo viene spiegata a parole. Come mai il personaggio di Argentero comincia a credere nell’amore? Non si sa, lo fa e basta. La tentazione di appoggiarsi alla scena madre, al dialogone strappalacrime è tale da far dimenti...