Fa di tutto, I fratelli De Filippo, per sembrare, più che un’opera da grande schermo, un inerte sceneggiato televisivo. Prende i contorni di un manuale didattico e illustrativo, piuttosto che approfondire i suoi temi o dare spessore ai personaggi. Si prolunga per ben 140 minuti scandendo il racconto con salti temporali precisi, perfettamente suddivisibili in puntate o capitoli. E poi perde l’inevitabile confronto con il recente Qui rido io, di cui è calco, più che controcampo, nella prima parte (l’infanzia e i primi passi a teatro di Eduardo, Peppino e Titina sotto l’ala di Eduardo Scarpetta, il più importante drammaturgo dell’epoca e loro padre naturale).

Mario Martone ricorre al biopic per intrecciare dinamiche famigliari al contesto storico, riflettere sul passaggio tra tradizione e modernità, focalizzandosi sulla figura del padre, ma di riflesso parlando anche della condizione dei figli. Il film di Sergio Rubini, assumendo invece in toto la prospettiva di questi ultimi, propone alc...