I Mitchell contro le macchine, la recensione

Non è la storia, non sono i dialoghi e non è lo stile visivo l’arma di punta di I Mitchell contro le macchine ma l’accordo eccezionale di queste tre componenti. Anche nei migliori film Pixar, l’ottima scrittura non è sempre accompagnata da un’inventiva visiva a livello. Lo stile che lo studio ha fondato e che praticamente tutta l’animazione in computer grafica americana (ma anche non) ha copiato dal 1992 ad oggi è una via di mezzo che non crea problemi tra il realismo e il cartoon ma è anche la tomba della parte più folle dell’animazione. I Mitchell contro le macchine invece ha una trama che flirta (alla lontana) con l’anarchia, ha una scrittura dei dialoghi piena di brio e variazioni di ritmo e dimostra di accoppiare a tutto questo idee visive coerenti e anarchiche che mescolano 3D e 2D, colori fluo, grafica da interfaccia utente e disegnetti nel senso più elementare e ingenuo del termine, con anche sorprese ed espressioni nipponiche.

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