Il divin codino, la recensione

Non c’è nessun giocatore di calcio, in Italia, amato come Roberto Baggio. Non è solo una questione di talento e bravura, c’è qualcosa nella sua figura e nella sua parabola che nella percezione comune lo differenzia dagli altri sportivi del suo calibro, cioè le star mondiali. Questo cerca di indagare Il divin codino, il mistero di una carriera originale, e la risposta che si dà sta nei fallimenti.

Il problema maggiore del film è il suo essere un biografico per molti versi convenzionale e quasi vecchio stampo, con un uso delle musiche pedissequo (che sottolineano l’epoca e partono sull’enfasi) e determinato a trovare le ragioni di una vita in eventi avvenuti nell’infanzia. Dietro tutto questo però si cela il suo pregio, l’unica grande scelta di modernità che fa: raccontare tre momenti precisi, che sono tre fallimenti, e come lo Steve Jobs di Boyle e Sorkin far confluire in quei tre passaggi motivi e rapporti di tutta una vita e una carriera.

Il primo...