Esiste un confine, neanche troppo sottile, che divide l’umile e tormentata riflessione di chi ha preso parte alla sofferenza di qualcun altro e l’invece celata glorificazione (con tanto di morboso autocompiacimento) del senso di colpa. Un senso di colpa che, una volta assoltosi, non lascia dietro di sé assolutamente niente se non un pretestuoso perdono. Ispirato alla storia vera di un uomo che ha percorso a piedi l’America per parlare del bullismo di cui è stato vittima il figlio gay, Joe Bell di Reinaldo Marcus Green compie esattamente, con ingenuità o per ignoranza, quel discorso egoista, rimandando l’attenzione non alla vittima (il figlio) ma al vittimista (il padre).
Le intenzioni sembrano anche le migliori, ovvero riflettere sul bullismo, sulla pressione sociale, sulla discriminazione. Ma Joe Bell, a conti fatti, non si preoccupa né...
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