Come in una pessima gag da commedia anni ‘60 britannica, chi rincorre è ora rincorso. La storia di John Wick si era aperta (benissimo) con un uomo disperato che letteralmente reindossa il suo passato per andare a vendicarsi. John Wick insegue le persone che gli hanno ucciso il cane, unico ricordo della moglie morta e ragione per la quale aveva smesso di essere un sicario seppellendo tutta l’attrezzatura sotto il cemento armato di casa sua. Ora, al terzo episodio, niente di quello (se non i cani) è rimasto, e chi inseguiva è adesso inseguito. Dalla fine del secondo film infatti è John Wick ad essere braccato da quella specie sindacato internazionale sicari/albergatori in cui lavorano come centraliniste e segretarie solo suicide girls.

La saga che riunisce Laurence Fishburne e Keanu Reeves di nuovo in un mondo di arti marziali e abiti alla moda è sempre più involuta e contraddittoria. Non racconta qualcosa di chiaro e lineare, con dei crescendo o anche solo degli obiettivi fissi e granit...