La tigre bianca
di Ramin Bahrani
22 gennaio 2021 su Netflix
“La tigre bianca è la creatura che nasce una volta ogni generazione”, racconta la voce narrante del giovane e sottomesso autista privato Balram, che lavora per un’avida famiglia di ricchi. Balram riflette sul suo destino di uomo povero in India ma in qualche modo sa per certo di essere un prescelto, di essere quella rara eccezione capace di percorrere il cammino dell’impervia scalata sociale, di arrampicarsi sulla rigida piramide delle caste. Senza scivolare giù. E proprio la parola non solo è la salvezza di Balram ma è la forma stessa di La tigre bianca, in cui il protagonista rievoca il suo passato, con la scusa di una e-mail, in un flashback lungo tutto il film.
Scritto e diretto da Ramin Bahrani, La tigre bianca è, tuttavia, succube della sua stessa forma. Il film parte con la dichiarata intenzione di raccontare la verità sull’India attraverso la storia di un uomo qualunque: una parabola, dunque, attraverso cui raccontare la malata e millenaria relazione di dipendenza che intercorr...
Ramin Bahrani cerca con la parabola narrativa del suo film il fascino perturbante di questa relazione di potere e dipendenza: tuttavia non fa che esporre questa intenzione a parole, continuamente, asfissiando totalmente la trama
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