La recensione di L’innocent, presentato a Cannes 75

Dopo i due graziosi capitoli comico-sentimentali (Due amici, L’uomo fedele) e la gemma ecologista La crociata, Louis Garrel continua deciso con L’innocent nel suo percorso di film a corto raggio: si tratta di film brevi – o brevissimi – ristretti anche per ambizioni narrative, in cui Garrel veste i panni del suo alter ego Abel, un romantico perso che finisce invischiato in triangoli amorosi e disavventure per le strade di Parigi.

L’innocent è in un certo senso ancora questo Garrel: c’è la trama amorosa, la commedia e anche un’autoironia molto più marcata del solito per come rappresenta sé stesso – sempre spietato verso il suo essere un uomo, ridicolizzato nelle sue smanie di protagonismo. E c’è ancora, insieme a tutto questo, l’ammiccamento meta-cinematografico della doppia finzione, che trova nel fare recitare ai personaggi una finzione ulteriore (in Due amici facevano le comparse, qui hanno bisogno di fingere per f...