Dopo anni di Dogma 95 e film al limite del cinema sperimentale, Lars Von Trier ha inaugurato una nuova fase della sua carriera. Se con Antichrist questa era solo un'ipotesi, con Melancholia diventa una certezza, perché Charlotte Gainsbourg non è l'unico anello di congiunzione fra i due film, che sembrano svilupparsi stilisticamente su binari paralleli.
Come in Antichrist, la sensazione è che il regista non sappia bene come riempire la generale carenza di idee, e lo faccia a tratti ricercando un estetismo esasperato, trascinando avanti in modo monotono una idea iniziale potenzialmente interessante.
La scena d'arpertura ci regala alcune immagini patinatissime e di sicuro impatto visivo, che possono essere così riassunte: Lars Von Trier ha scoperto che il ralenti gli piace un sacco e non ha paura di farcelo vedere, raggiungendo vette che non dispiacerebbero a Zack Snyder.
A seguire, la prima parte del film è sicuramente la peggiore, con un m...
Pur con alcuni punti di forza, Melancholia (passato al Festival di Cannes) conferma il momento di stanca nella carriera di Lars Von Trier...
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