Memoria, la recensione | Cannes 74

La zia Tilda che si ricorda le vite precedenti. Di colpo in un film di Apichatpong Weerasethakul la presenza di un’attrice come Tilda Swinton (una che colleziona autori come fossero Pokemon) apre squarci di comprensibilità. Questo regista tailandese graziato da una Palma d’Oro concessa generosamente da Tim Burton quasi 10 anni fa è uno dei più ermetici e volontariamente prolissi che ci siano. Senza la capacità incredibile di comporre quadri fissi appassionanti e coinvolgenti come Tsai Ming-liang, ma con la determinazione a mettere in relazione natura, suoni, paesaggi, animali ed esseri umani in quadri in cui è lo spettatore a fare tutta la fatica (per tutto il film), il suo cinema non è per tutti, anche quando la sua visione del mondo e dell’animismo che lo pervade sarebbero interessanti.

Per questo Memoria, che non devia certo dal suo solito stile, è subito il film più interessante e più concreto della sua filmografia. A differenza dei molti altri in...