Nitram, la recensione | Cannes74

Chi se lo aspettava da Justin Kurzel, dopo il Macbeth tutto virato in colori e fumo e soprattutto dopo un film commerciale come Assassin’s Creed trasformato in un piccolo delirio (fallimentare) di design, minimalismo di interni e ancora fumo colorato, che facesse invece un film pienamente convenzionale, una storia vera con protagonista che interpreta una persona con deficit mentale, girato in maniera convenzionale in tutti i sensi a partire dalla fotografia.
Proprio il progetto in cui poter delirare e girare (magari) qualcosa di un po’ allucinato, segue invece la strada dello stile hollywoodiano mainstream, la mano invisibile e il linguaggio delle immagini tradizionale.

Proprio così, mascherato da cineasta mestierante, si svela l’inconsistenza di Kurzel. Senza i suoi trucchi e le sue elaborate trovate sceniche non c’è niente. Girare un film nello stile classico e invisibile e dargli anche un taglio personale è complicatissimo, Nitram invece è la ripropo...