Per tutta la vita, la recensione

La parte migliore di Per tutta la vita è l’inizio. Così poco convenzionale per il cinema medio italiano, così diretto, asciutto, senza preamboli fastidiosi ma dritto in mezzo agli eventi. Non risponde a nessuna delle solite buone regole ma gioca secondo le proprie.

C’è un prete che ha celebrato per nove anni matrimoni fasulli, così ora che si è scoperto quei matrimoni sono tutti annullati. Lo scopriamo mentre lo scoprono le coppie protagoniste (molte delle quali non si conoscono ma vivono eventi simili incrociandosi di continuo), come fossimo entrati a spettacolo iniziato o avessimo intercettato le storie in media res. Finita questa eccezionale introduzione rimaniamo con un film che rimescola le carte di Immaturi (non meraviglia che alla sceneggiatura e come produttore creativo ci sia lo stesso Paolo Genovese): all’improvviso si scopre che quel che si credeva vero non è vero e tutti hanno un’occasione concreta irripetibile di rivedere la propria vita.