Rambo: Last Blood, la recensione del film di Adrian Grunberg con Sylvester Stallone
C’è un’idea di cinema grandissima, una sola, dentro Rambo: Last Blood, ed è quella che trasforma la residenza di John Rambo, ormai in pensione da qualsiasi cosa (ma non dal cinema), in un’allegoria della sua mente.
Un ranch vasto, quieto, al riparo da tutto, distante dal mondo, pura America tradizionale. Lì vive assieme a una vecchia domestica e alla nipote di quest’ultima in una grande casa tenuta benissimo. Dopo una giornata di lavoro con i cavalli, un rapido pasto e qualche battuta con l’anziana signora messicana, Rambo va a letto. Sotto terra. È l’idea che di tutta quella casa non usi niente ma, alla fine della giornata, vada a rintanarsi in una serie di cunicoli scavati sotto di essa, un ambiente scomodo che ha arredato male e spartanamente con cimeli di guerra, armi e ricordi. Ha creato un piccolo paradiso ma è come se sentisse di non meritarlo e preferisca il suo purgatorio in cui ac...
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