L'equilibrio di Greengrass, qui chiamato ad una prova simile, ma decisamente più complicata rispetto a quella di United 93, ha del magistrale. Il regista di Bourne si posiziona in quell'incrocio precario che esiste tra spettacolarizzazione e fedeltà, non piega gli eventi alle scansioni solite del cinema o allo scheletro del cinema d'azione, ma trova negli anfratti del libro scritto poi dal capitano preso in ostaggio i luoghi e i momenti in cui infilare del cinema (ovvero quell'arte di riprendere delle persone coinvolte in determinanti fatti per, in realtà, parlare di qualcosa che non è possibile vedere) e gli imprime il ritmo corretto per non fare un flop.

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