La recensione di Rumore bianco, in concorso alla 79 esima edizione del Festival di Venezia
Il “rumore bianco” è l’artificio prodotto dal consumismo americano nel secolo scorso. È il rumore dell’ottimismo sfrenato, del lifestyle, dei mass media: tutti strumenti di cui ci si serve per rimuovere la paura della morte. È il suono dell’illusione del benessere infinito.
In una certa misura sorprende che proprio Noah Baumbach abbia deciso per primo di adattare il romanzo visionario, ma ancora oggi attuale, scritto da Don De Lillo nel 1985. Baumbach, escluso il drammatico Marriage Story, è infatti un autore di sofisticate commedie dalla scrittura acuta, dalla recitazione esuberante. Con Rumore bianco invece pur riportando piuttosto fedelmente la storia del romanzo sullo schermo Baumbach tenta una strada diversa che si rivela un vicolo cieco: non solo perché dimezza la profondità filosofica di De Lillo, ma anche perché cerca di farci entrare a forza un ottimismo di fondo che stride con tu...
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