Snake Eyes: G.I. Joe – Le origini, la recensione

C’è una pietra magica che rimane a mezz’aria in una specie di contenitore nascosto dietro una parete che si apre a iride solo dopo aver verificato il DNA di chi la vuole aprire. C’è un castello da Giappone feudale ma pieno zeppo di tecnologia più futura di quella attuale. Poi in giardino c’è una voragine costruita dall’uomo, senza scale, cadendo nella quale si accede ad un’arena in cui un apposito meccanismo apre delle grate da cui escono dei pitoni giganteschi “vecchi quanto il tempo”.

Forse la parte più interessante di Snake Eyes è la planimetria del castello in cui si svolge una buona parte dell’azione e la storia della sua costruzione. Di sicuro un prequel sul castello sarebbe più originale di un film che invece, per il resto, sta molto attento a non muoversi in un territorio che non sia stato già battuto da un milione di altri film. E di farlo peggio di tutti.

Lo si vede molto bene nelle parti di investigazione. Il