In una scala da 1 a 10 la difficoltà di portare a termine un progetto come quello di Steve Jobs (film biografico su una figura sia troppo discussa, cioè troppo amata e troppo odiata, sia troppo recente) avrebbe meritato un 9, per questo è incredibile l’arroganza, la forza e la decisione con cui questo bellissimo film è stato realizzato. Non solo Aaron Sorkin ha consegnato uno dei copioni migliori della sua già illustre carriera (più concreto, più asciutto e più pop del già ottimo The social network) ma Danny Boyle ha fatto di una sceneggiatura perfetta per il teatro un film che vive di puro cinema: grande, profondo e denso di immagini.

Quest’ennesimo ritratto di una figura cardinale della rivoluzione informatica (dopo Zuckerberg e Assange) è ancora una volta un disadattato, una persona inadatta alle relazioni umane, che attraverso la tecnologia cerca un posto per sè nel mondo e un rapporto con gli altri. L’assunto non è proprio il massimo, tuttavia il Jobs di SorkinBoyle...