La recensione di Troll, su Netflix dal 1 dicembre

Roar Uthaug con Troll sogna di fare un film spielbergiano. Non solo perché il risveglio di un troll dalle montagne norvegesi è annunciato con lo stesso stupore fuori campo di Jurassic Park, ma anche perché l’intera storia è in fin dei conti una favola ambientalista: un’avventura extra-ordinaria che, come in Spielberg, usa il rapporto con le creature “aliene” (fuori di metafora, il diverso) per illuminare la complessità contraddittoria dell’umanità intera, tra chi la creatura la comprende e chi la teme cercando di annientarla.

Per quanto l’intento di usare l’incredibile per spiegare il reale sia di per sé affascinante (e non è forse questa la bellezza dei film fantastici?) d’altra parte lo svolgimento di Troll è veramente confuso, la sua filosofia pressoché inesistente (non c’è una vera riflessione, solo un mostrare) e, conseguentemente, il risultato scadente.

La protagonista, anch’essa spielbergiana, è la paleontologa Nora ...