Per Cary Fukunaga lo sfondo è importante quanto il primo piano. Lo avevamo intuito con il suo Jane Eyre, lo abbiamo capito con la prima stagione di True Detective e ora è anche più vero in Beasts of no nation. La giungla, la guerra, i villaggi e anche i grandi palazzi dei leader sono luoghi incredibili, non solo set in cui muovere attori ma ambientazioni che li stimolano, li costringono ad agire, li mettono a disagio e gli parlano.

Già partendo da questi presupposti film di Fukunaga non è come gli altri, gioca ad un livello più alto e raffinato, parla di un bambino soldato non concependolo come un bimbo da guardare dall’alto verso il basso ma, da quando imbraccia il fucile, come un adulto e quindi tramutando in brevissimo il film in uno sulla guerra a tutto tondo.

Agu parte come lo stereotipo dell’allegro poverello che si ingegna. Beasts of no nation non lesina luoghi comuni e zucchero di scarsa raffinazione per mostrarci la sua vita pacifica prima che irrompa la guerra. Pe...