È piombato su Netflix 365 giorni: adesso, sequel di 365 giorni in totale continuità con quel film fin da un inizio che accoppia amplesso enfatico a musica e simboli del sentimentalismo più diretto, come il matrimonio.

E di nuovo questa serie di film polacchi ci mette di fronte alla versione ad alto budget e maestranze professionali di The Lady, la summa artistica di Lory Del Santo. Di quella webserie andata su YouTube tra il 2014 e il 2017 il dittico 365 giorni ha tutto. Ha innanzitutto i dialoghi, fatti di frasi che somigliano sempre a sentenze e spesso sono allegorie ardite sul senso della vita sparate in momenti di bassa quotidianità. Ma poi di The Lady ha l’immaginario erotico, fatto di uomini palestrati e sempre molto decisi, totalmente condizionati dall’andare appresso a donne fatali in abiti costantemente succinti. Ha l’ambientazione lussuosa con pronunciate note criminali e infine ha proprio l’estetica coatto-chic che non nasce con The Lady (nasce semmai sui troni dei reality del pomeriggio di Mediaset) ma che Lory Del Santo aveva canonizzato, in un modo non diverso da come Matteo Garrone aveva cristallizzato di una versione filmica look, stile e atteggiamenti della Camorra moderna aggiungendo un’epica al tutto.

365 giorni ovviamente non nasce così (ahimé, sarebbe stata eccezionale un’ispirazione dichiarata) ma da un altro percorso, come una fantasia escapista clamorosa che guarda l’Italia con occhi popolarissimi polacchi e trova successo ovunque.

Anche nella stessa Italia.

Tra apologia della mafia ed esaltazione del cliché del maschio latino vecchio stampo, è la grande risacca trash delle convenzioni sessuali, tanto più forte in un momento in cui il resto dell’industria dello spettacolo lavora per mettersele alle spalle dimenticando che (evidentemente) i ruoli convenzionali sono ancora una parte fortissima della fantasia erotica e sentimentale.

Tutto questo con la spregiudicata brutalità di un prodotto polacco con look internazionale per essere accettato ovunque, versione molto più diretta e senza sconti di 50 sfumature di grigio, cioè il racconto di una storia d’amore difficile e strana che parte e si regge su una fortissima componente sessuale. Solo che a differenza della sfumature questa serie vuole mostrare tutto il mostrabile (con le prevedibili difficoltà del caso). Se un merito va dato a 365 giorni infatti è che, nei pochi momenti liberi tra un montaggio musicale reggaeton e l’altro, si dedica quasi solo a scene di sesso. Certo è sempre sesso da film: operatico, esagerato e stilizzato, niente a che vedere la realtà, ma in un’epoca in cui i film non mostrano più il sesso è qualcosa.

 

365 giorni adesso bacio

 

Per il resto proprio il fatto che non c’è grande fantasia in questo sequel, che non avendo più altro da raccontare si rifugia nei classici del secondo film, aggiungendo una storia romantico-sessuale anche per l’amica della protagonista, raddoppiando gli elementi del primo (con un grottesco secondo interesse sessuale, un giardiniere tatuato ma miliardario, e poi un gemello cattivo che esce dal nulla) e lanciando un terzo film con cliffhanger finale, avvicina il tutto al suo modello The Lady.

Avendo meno da raccontare emerge di più il linguaggio per immagini di Lory Del Santo, ovviamente più patinato e più ricercato (perché non c’è una sola persona a far tutto), ma ugualmente fondato su una specie di universo parallelo in cui ciò che conosciamo è plasmato dall’estetica coatto-chic. Non è difficile immaginare che ciò che avesse in testa Lory Del Santo quando immaginava The Lady fosse esattamente questo. Solo che ha dovuto accontentarsi di quel che era in grado di fare da sé e senza budget.

C’è così il giardiniere dall’aspetto curatissimo, ci sono le guardie del corpo vestite di nero con bocche all’ingiù, c’è il personale di servizio da maltrattare e le amiche che si rilassano parlando della propria vita (“Preferisco come sono adesso” dice la protagonista discutendo le sue umili origini a fronte della sua vita attuale lussuosa in auto sportiva “i miei pattini non andavano veloci come una Ferrari”) oppure descrivendosi come impetuose ad ogni occasione (“Non posso stare calma, sono polacca!” dirà una delle due in un momento concitato).

Soprattutto al pari di The Lady, 365 giorni: adesso rilancia una caratteristica fondamentale di questi film, cioè il più totale disinteresse per i mezzi con i quali si raggiunge un fine unico, cioè il lusso come dimensione di vita.

 

365 giorni adesso 2

 

Sposata con un boss mafioso spietato, la protagonista non ha il minimo scrupolo morale, anzi: spende soldi della mafia per vivere bene. Si preoccupa delle proprie paturnie sentimentali ed è terrorizzata dal disinteresse di lui e grottescamente offesa quando lo trova a letto con un’altra (ma non era lui! Era il fratello gemello cattivo con gli occhiali e la faccia truce!!), i suoi problemi sono tutti compresi in un orizzonte di pienezza personale. L’idea stessa che tutto ciò sia raggiunto attraverso affari illeciti, omicidi e una storia di corruzione e soprusi, non è proprio nominata dal film. Non è questione di raccontare degli antieroi ma di passare sopra al fatto che unirsi ad un mafioso sarebbe un’azione condannabile, di non mostrarli come antieroi ma normalizzare il crimine. La protagonista sembra non sapere cosa sia la mafia o aver deciso di ignorarlo volontariamente, e ai film sta bene così.

Via al reggaeton!

Lory Del Santo non è mai arrivata a questo ma è una visione di mondo non troppo lontana da quella dei suoi personaggi, sempre indaffarati in vaghissimi affari (come quelli del Massimo di 365 giorni), fumose trattative, business generici e meeting imprescindibili che non pongono mai reali questioni, sono solo mezzi per l’unico vero fine, l’esibizione di sé.

 

 

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