Seguono spoiler minori su Ant-Man and the Wasp: Quantumania.

La Marvel ha problemi col tempo. Una questione nata con Avengers: Endgame continuata con i film che l’hanno seguito e diventata personale con Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Scott Lang combatte alla ricerca del tempo perduto con la figlia, in carcere, e dopo il blip. Kang combatte per curare le linee temporali e preservare il multiverso. Il tempo è un oggetto difficile da manipolare anche nella realtà produttiva. L’MCU sta entrando (di già!) nel suo quindicesimo anno di esistenza. Il pubblico sta invecchiando, una nuova generazione sta per arrivare dentro e fuori lo schermo. Lo studio, consapevole di essersi ormai lasciato alle spalle la reputazione di “giovane cosa nuova”, diventato il leader indiscusso del mercato, sta provando non senza fatica a rinnovarsi. Riuscirà nella sfida di non invecchiare e rinascere invece film dopo film? Ovvero: riuscirà a manipolare il tempo in suo favore?

In Ant-Man and the Wasp: Quantumania i dilemmi di Lang sono gli stessi della Marvel

C’è un grande vuoto nella continuità del film e di quelli che l’hanno preceduto: il blip. Quei cinque anni in cui è successo di tutto sulla terra e di cui stiamo solo iniziando a conoscere la portata. The Falcon and the Winter Soldier mostravano una società nel caos per l’improvviso aumento della popolazione. Faccenda di cui si è interessata anche Cassie Lang. Il blip è stato sullo sfondo di così tante trame che ormai ha preso una forma chiara, pur senza essere mai messo a fuoco.

Con quella parentesi necessaria per dare gravitas al finale della saga dell’infinito, si è fatto un soft reset di molti rapporti tra i personaggi. Tutti, nella fase 4 e in questo inizio di fase 5 hanno dimostrato di avere degli enormi vuoti nei rapporti, di sapere poco degli altri proprio in funzione dei giorni che gli sono stati rubati. Black Panther aveva un figlio segreto, cresciuto lontano dal padre ucciso da Thanos, Thor avrebbe avuto bisogno di più tempo con Jane, ma la morte non si può fermare. Il tempo di Doctor Strange si è rotto. E tutto questo scombussolando i rapporti umani (ed extra umani) consolidati, anche quelli più solidi.

Così Ant-Man e la sua squadra avranno gli stessi problemi. Dovranno compiere un furto temporale per ritornare a casa e avere indietro i giorni perduti tra padre e figlia, moglie e marito. Il tempo della vita pubblica e quello più oscuro da eroi. Il mistero di una vita trascorsa lontana da tutti questa volta appartiene a Janet van Dyne che è stata imprigionata nel regno quantico. Non sappiamo nulla di lei, di quello che la prigionia le ha fatto e quello che ha dovuto fare per sopravvivere. Nemmeno Hank Pym è informato, solo che se ne accorge insieme a noi, un po’ tardi.

Il problema del tempo come durata del film

In Ant-Man and the Wasp: Quantumania servivano almeno 30 minuti in più per sciogliere tante sottotrame che il film lascia in sospeso. In Black Panther: Wakanda Forever servivano 20 minuti in meno per compattare un thriller politico dal tono meditativo. Thor: Love and Thunder richiedeva un minutaggio più esteso per dare peso a Gorr, Doctor Strange nel Multiverso della Follia anche. Insomma, il tempo sembra essere un cruccio anche in fase di montaggio: come vestire il film perché sia in perfetto equilibrio tra intrattenimento e world building?

I Marvel Studios sono entrati con la fase 4 anche nella grande piazza delle piattaforme streaming, dove le serie tv hanno permesso racconti lunghi e cadenzati. Wanda Vision e She-Hulk a parte però quasi tutti sono usciti come film allungati, riscritti per adeguarsi all’andamento episodico. Qualcosa non ha funzionato quando si è trattato di cogliere la peculiarità del mezzo. Un problema a cui Kevin Feige pare molto attento, e già pronto ad adottare contromisure, come un diverso ritmo di uscita.

È molto difficile bilanciare le esigenze del formato scelto (cinema e serie tv) con quelle della continuità e il conseguente peso drammatico che ogni titolo porta con sé. Quelli più interconnessi sono costretti ad aggiungere molti minuti per sciogliere alcuni nodi. Quando non lo fanno, come accade per Ant-Man and the Wasp: Quantumania, vengono interpretati come un tradimento. Il terzo film della trilogia diretta da Peyton Reed è infatti sia nel tono che nella portata molto di più un finale di trilogia per Ant-Man che l’inizio di un Avengers.

ant-man paul rudd quantumania

Il problema del tempo produttivo

Anche Kevin Feige l’ha ammesso: i film hanno bisogno di tempo per sedimentarsi. Una sovrapproduzione può fare più male che bene. Se si vuole che abbiano un impatto, i titoli devono essere messi sotto i riflettori e starci per un po’. 

È più difficile colpire lo zeitgeist quando ci sono così tanti prodotti e così tanti contenuti, come si dice, anche se è una parola che odio. Ma vogliamo che i Marvel Studios e i progetti MCU si distinguano. Le persone lo vedranno che man mano che ci addentriamo nella fase 5 e 6. Il ritmo con cui facciamo uscire gli show di Disney Plus cambierà così che ciascuno possa avere la sua occasione per brillare. 

Quello che non ammetterà più direttamente di così è che la Marvel è stata sottoposta negli ultimi anni a uno stress produttivo incredibile. Il Covid ha fatto saltare ogni agenda costringendo a ripensare l’ordine dei film. Proprio negli anni in cui hanno prodotto più film e serie TV. Non è dato sapere quanta fretta ci sia stata effettivamente dietro le quinte. La si può intuire. Soprattutto in alcune sceneggiature un po’ frettolose (il principale difetto Ant-Man and the Wasp: Quantumania di cui, a dirla tutta, non erano esenti nemmeno i primi due capitoli) ed effetti speciali non all’altezza. 

Lo slittamento di tre mesi dell’uscita di The Marvels potrebbe essere sintomo degli stessi problemi di tempi produttivi.

C’è molta Marvel in Kang

Il dilemma del tempo è lo stesso che stanno affrontando gli sceneggiatori di Kevin Feige: come dare un nuovo passato, e quindi garantire un futuro interessante a quei personaggi che, dopo svariati film, sembrano avere detto già tutto? Più si va a vanti in una linea temporale che sembrava già finita con Endgame, più bisogna trovare un modo per far rinascere i personaggi, farli ritornare giovani, rinnovarli. Creare varianti. Per questo la nuova generazione di eroi si trova in prima linea verso il pubblico e i compagni di avventura con l’ingrato compito di prendere la torcia dagli storici Avengers e addirittura superarli (come show business richiede). 

Ant-Man and the Wasp: Quantumania mette così al centro il problema del tempo della creazione più di ogni altro film dell’MCU, continuando il trend metariflessivo di uno studio che, talvolta, sembra parlare di sé con i suoi film. Ci fu la guerra civile dei supereroi quando all’interno della produzione si stavano acuendo le tensioni nella dirigenza. Si parlò del bisogno di fare sempre di più e sempre meglio con Avengers: Age of Ultron, in cui è importantissima l’idea di creare qualcosa di autosufficiente che duri in eterno. Il finale di She-Hulk è un esempio lampante di questo mettere in scena il meccanismo che regola la creatività.

Così i Marvel Studios stanno riflettendo, con il multiverso, sull’abbondanza che hanno raggiunto. C’è troppa roba, non tutta che merita di sopravvivere. Stanno pensando a quale sia la forma migliore tra i tanti universi che deve assumere il loro.

Il successo non è garantito. È un salto in una scatola di probabilità. 

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